Incontro su “Armonia con l’altro” organizzato dalla comunità del Movimento dei focolari di Casoria

AMARE: UN’ARTE DA IMPARARE PRATICANDOLA

 

Dopo l’incontro – dibattito svoltosi nel Dicembre scorso sul tema “Armonia con se stessi”, la comunità del Movimento dei focolari di Casoria ha promosso, Sabato 26 Febbraio, nel salone della parrocchia S. Antonio Abate, un altro convegno per sviluppare “L’armonia con l’altro”, proseguendo un percorso formativo programmato  in piena unità con il parroco don Marco Liardo e mirato alla promozione della cultura della persona, intesa non solo come coltivare e far crescere, ma anche e soprattutto nel suo significato genuino di “prendersi cura”. Sono intervenuti, in qualità di relatori, Cristina Tomellieri, psicologa, Mariano Iavarone, assistente sociale e consulente familiare, e don Raffaele Alterio, parroco della parrocchia “Cristo lavoratore” di Casavatore. Ha moderato l’incontro Antonio Botta, il quale, commentando il video di introduzione al tema della serata, ha evidenziato la necessità di puntare a migliorare la qualità dei rapporti umani deteriorati dal vortice degli impegni stressanti, che fanno perdere di vista ciò che è essenziale e dà sapore alla vita:  il tempo da dedicare a se stessi, alla coppia, ai figli, agli amici.

Cristina Tomellieri ha focalizzato il suo intervento sulla  cura e l’accoglienza del fratello: dopo aver posto in rilievo che “le relazioni sociali delle persone felici dimostrano quanto non sia vera l’espressione di Sartre “L’altro è il mio inferno”, ha rimarcato, commentando la frase di Gesù “Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me”, che “fare spazio dentro di sé per accogliere il bambino (che rappresenta senza mezzi termini l’escluso, l’emarginato, l’affamato, il minore a rischio, il nonno abbandonato…) è accogliere Gesù”.  Ma per accogliere e prendersi cura degli altri bisogna conoscere e imparare l’arte di amare, che non è, dunque, una qualità spontanea, ma una  conquista, “un’arte impegnativa con forti esigenze” da perseguire per tutta la vita. “L’amore” – ha spiegato –“ si impara dal Vangelo; chi ha provato e sta cercando di metterlo in pratica può affermare di assistere  a dei cambiamenti incisivi e radicali nella propria vita”. Ha concluso  commentando le indicazioni precise per imparare a praticare l’amore evangelico suggerite da Chiara Lubich: amare tutti, amare per primi, senza attendere di essere amati, amare l’altro come se stessi ( Gandhi: “non posso farti del male senza ferirmi”), amare nella concretezza uno per uno.

Mariano Iavarone ha evidenziato nel suo intervento che “mentre nella storia dell’umanità i cosiddetti diversi (mendicanti, storpi, malati, omosessuali, immigrati…) sono stati sempre esclusi dalla società oppure trasformati in fenomeni da baraccone, oggi, alla paura del diverso, si è affiancata la paura dell’altro, di chiunque prossimo”. Citando la sociologa napoletana Roberta Rao, ha sottolineato che “in un clima di sfiducia generalizzato verso chiunque, serve una nuova etica che getti le basi per la costruzione sociale della fiducia, della convivenza e del valore di ogni prossimo, per contrastare validamente la patologia psichiatrica della paranoia (angoscia profonda che porta a difendersi dagli altri) e del narcisismo (chiusura in se stessi e difficoltà a sentire i bisogni degli altri). Solo con “la sociologia della fraternità”, di cui il Vangelo è impregnato, è possibile evitare che la diversità si trasformi in estraneità. “Quando ci si allena alla palestra della fraternità” – ha concluso – “si scopre che amando l’altro, in realtà sto amando me stesso, ossia, nell’incontrare le diversità e nel non allontanarle da me, in fondo sto familiarizzando con gli aspetti mostruosi di me stesso, di cui ho paura”.

L’intervento di padre Raf è stato la “ciliegina sulla torta” della serata: raccontando alcuni episodi della sua vita, ha irradiato sul numeroso pubblico che gremiva la sala, la luce appassionata, salvatrice di Cristo che brilla nel suo cuore, rivelandosi, come ha già fatto nel libro “Cinquant’anni di luce” ( di cui sono stati letti alcuni brani), uno dei tanti sacerdoti, amici dell’umanità, che sono una forza e una speranza per quelli che camminano incespicando e rendono la terra più degna di essere abitata. Ha concluso il moderatore con questo pensiero di uno psichiatra: “La porta della felicità si apre solo verso l’esterno. Chi invece la tira verso se stesso rischia di chiuderla sempre più, restando sempre più infelice”.

 

 

 

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