S. MESSA PRESIEDUTA DAL VESCOVO ACAMPA NEL RICORDO DI SUOR ELVIRA PISCOPO

A poco più di un mese dalla nascita al cielo di suor Elvira Piscopo, il 19 luglio scorso, nell’oasi di S. Ludovico in Casoria, in un clima di orante raccoglimento, è stata celebrata la Santa Messa in suffragio della sua anima. Ha presieduto la liturgia eucaristica S. EC. Mons. Gennaro Acampa, Vescovo ausiliare della Diocesi di Napoli, e vi hanno concelebrato diversi confratelli e religiosi dell’XI decanato. Nell’introduzione, il Presule ha evidenziato la comunione spirituale nella preghiera tra l’assemblea, che è grata a Dio per aver donato  alla comunità cittadina e alla famiglia religiosa delle Elisabettine bigie un’anima eletta,  e suor Elvira, che prega per  i suoi familiari, i membri della Congregazione fondata dal Santo della carità sfrenata e per tutta la città di Casoria, aggiungendo che, pur avendola conosciuta da Vescovo in poche  occasioni, ne ha potuto ammirare la sua spontanea disponibilità e attenzione nel porsi al servizio degli altri.

Prendendo spunto dalla pagina del Vangelo di Matteo,in cui Gesù narra le tre parabole del “grano e della zizzania”, del “granello di senape” e del “lievito nella pasta”, il Vescovo, nell’omelia, ha posto in rilevo che nel cammino di fede verso il Regno di Dio, del quale tutti gli uomini sono chiamati a far parte, non “bisogna essere integralisti” rigidi e rigorosi nel giudicare e nel condannare gli altri, ma offrire a tutti la possibilità di salvarsi, perché, nel seguire il Signore, “vige la legge della gradualità; ciò vale anche nei confronti di se stessi”. E’ l’atteggiamento – ha proseguito mons. Acampora – che ha assunto l’eterno Padre verso i suoi figli; anche il brano della prima lettura, tratto dal libro della Sapienza, mette in luce la “misericordia di Dio, che non interviene subito nel condannare il peccatore, offrendogli la possibilità di rientrare in se stesso e di convertirsi. Noi, invece, subito siamo pronti a puntare il dito accusatore, invece di dare nuove opportunità” per ricominciare, spronare a risollevarsi dalle cadute e infondere fiducia; “certo”, ha proseguito il Celebrante “in natura la zizzania è destinata ad essere bruciata, perché non si trasforma in grano, ma nella vita di grazia, come fa il Signore, bisogna dare tempo, essere pazienti,credere nella possibilità della conversione e solo alla fine dei tempi, come fa il Signore, esprimere il giudizio; S. Matteo e S. Paolo sono una conferma di ciò, essendo la loro vita cambiata radicalmente grazie all’atteggiamento clemente e misericordioso del Signore. Anche nei confronti di noi stessi, non bisogna essere troppo esigenti e severi; Dio sa che siamo fragili, deboli, per questo ci dà il tempo, sostenuti dai vari mezzi che ci offre, preghiera, Parola, sacramenti e soprattutto l’Eucaristia che ci assimila a Cristo, di raggiungere la meta.” IL Vescovo ha concluso la riflessione omelica, osservando che le altre due parabole integrano quella sulla zizzania; il senape, granellino piccolissimo, che diventa una pianta alta, simboleggia ciascuno di noi, che pur sentendoci fragili, piccoli, non dobbiamo mai avvilirci, affliggerci e restare fermi, ma nutrire la nostra fede, ravvivarla per porci ogni giorno alla sequela di Cristo, compiendo opere di bene;  la parabola del lievito, infine, ci invita a stare  con gli altri nell’umiltà, nella fraternità ed essere, “insieme con gli altri,fermenti di vita nuova come lo è stata suor Elvira nel corso della sua vita terrena”.

Al termine della Messa, la Madre superiora della Congregazione “Elisabettine bigie”ha ringraziato il Vescovo Acampa, i sacerdoti, i religiosi convenuti e tutti i fedeli presenti alla celebrazione eucaristica, evidenziando che continuano a pervenire, tramite i social, attestazioni di grande affetto verso suor Elvira, che ha fatto della sua vita terrena un inno alla gioia, offrendo a tutti, in particolar modo agli sfiduciati, la letizia di cui abbondava il suo cuore con atti d’amore, di fraterno sostegno e di cura. Ha vissuto pienamente, quindi, le virtù eroiche, accogliendo serenamente, pur nella sofferenza intensa, la croce della malattia. “Non essere triste” raccomandò alla Madre “io mi allontanerò solo di poco, continuerò, perciò ,a sostenere la Congregazione.”

 

 

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