PUBBLICATA LA LETTERA PASTORALE “DAR DA BERE AGLI ASSETATI” DEL CARDINALE SEPE

Anche  nella seconda lettera pastorale, “Dar da bere agli assetati”, come già posto in rilievo nella Prima, “Dar da mangiare agli affamati”, il Cardinale Crescenzio Sepe, ispirandosi alle sette opere di misericordia corporale, rappresentate dai dipinti di Caravaggio, sollecita la comunità ecclesiale della Diocesi napoletana a bandire una fede monca, ritualistica e devozionistica e a superare un Cristianesimo disincarnato, intimistico,  che poco incide nella realtà.

Chiara la direttiva  che indica: continuare ad offrire, da cittadini attivi e cristiani coerenti, una testimonianza credibile dei valori evangelici, che spinga a costruire il Regno di Dio “lavorando per il bene comune”, per contribuire “ad elevare il livello di benessere di ogni uomo e di tutto l’uomo, cui siamo inviati dal Signore della storia e della nostra vita.” Insistente e accorata la paterna esortazione dell’Arcivescovo a tradurre in atti genuini di amore e di condivisione, in gesti efficaci di pace e di giustizia,  in uno stile di vita onesto e retto, la nostra adesione a Cristo. Richiamando, quindi, il forte messaggio di Papa Francesco nella Sua visita  a Napoli, ha spronato a “ proseguire sulla via della conversione  e del cambiamento nel prossimo anno pastorale,”, tenendo anche conto del “particolare fervore spirituale caratterizzato dalla celebrazione del Giubileo speciale della misericordia, da cui occorre trarre ulteriori motivazioni per il cammino ecclesiale  nella compilazione “del programma di iniziative che la nostra Diocesi intende realizzare durante l’ anno giubilare. Richiamando, quindi, i significati biblici e teologici del Giubileo (“affermazione della signoria di Dio”, confutazione della pretesa dell’uomo di ridurre la terra ad  oggetto di possesso, la fine delle disuguaglianze e delle ingiustizie e la risoluzione di tutte le  forme di sfruttamento”…), Sepe sottolinea che “la consegna, semplice e radicale, di “dar da bere agli assetati”non si riduce ad un “insegnamento marginale, risolvibile in un bicchiere d’acqua, ma, costituendo quest’ ultima “emblema biblico della salvezza e l’ elemento più prezioso per l’ uomo e per la sua sopravvivenza, la consegna del Maestro di offrire da bere a chi ha sete “acquista il significato di rendersi custodi della natura e promotori della vita. Da qui, la sfida maggiore delle comunità  ecclesiali, che consiste  non solo nel dar prova di vicinanza umana  e di sollecitudine verso chi ha sete di aiuti materiali e di sostegno  spirituale, ma “nell’accompagnare chi ha sete e aiutarlo a scavare un pozzo, in modo che in futuro non abbia più sete e non permanga nella condizione di sudditanza sociale e psicologica. Un compito da assolvere in piena collaborazione con la più vasta comunità civile, mirato a far maturare un più vivo senso del dovere  e un comportamento più responsabile da parte di tutti, semplici cittadini e amministratori pubblici, famiglie e istituzioni.” Anche da questa Lettera pastorale, dunque, emerge chiaramente l’immagine di una Chiesa così come la desidera Papa Francesco; una Chiesa, come evidenzia lo stesso Cardinale,” in uscita”, non arroccata nelle proprie sicurezze, che mostra a tutti, soprattutto ai lontani, il volto della misericordia; una Chiesa materna e non matrigna, “che genera, allatta, fa crescere, corregge, alimenta, conduce per mano.”  Al riguardo, il nostro Arcivescovo, scendendo nel concreto, indica alcune iniziative “che si possono realizzare durante il Giubileo straordinario della Misericordia e che possono valere per tutta la comunità diocesana: incontri interdecanali con sacerdoti e laici per pregare e vivere in comunione la spiritualità della Misericordia; celebrazioni penitenziali di tutta la Diocesi; convegni per approfondire la teologia, la spiritualità e la pastorale della misericordia e per continuare ad approfondire temi di estrema attualità, quali la difesa della vita, la famiglia, i problemi dei separati – divorziati, la teoria del gender, il lavoro, i giovani; la gratuità dei sacramenti e dei servizi religiosi, stimolando certamente i fedeli a contribuire alle spese generali della comunità ecclesiale, ma senza imporre tariffari per i servizi religiosi, il che è sconveniente e inaccettabile; corsi di formazione etico – politica per suscitare partecipazione  e formare alla responsabilità sociale; avviamento di percorsi di riabilitazione sociale nelle carceri, luogo e strumento di misericordia, per favorire la riconciliazione con la propria coscienza e la propria comunità; favorire ulteriormente la prassi dell’adozione di una famiglia di detenuti da parte di una parrocchia.

 

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