Una foto che fa riflettere e invita a vedere sotto un’altra luce la nostra vita. Ci lamentiamo spesso, convinti di condurre un’esistenza poco gratificante, priva di tante comodità che potrebbero renderla più soddisfacente. Osservate il bambino: cosa sta facendo? Svolge i compiti all’aperto, inginocchiato davanti a uno sgabello di legno, sotto la luce di un lampione. Perché? Diversi potrebbero essere i motivi. Esercitiamoci a trovarne qualcuno: nella sua casa potrebbe mancare la corrente elettrica; forse la sua famiglia è numerosa e manca lo spazio per compiere i suoi doveri di scolaro; addirittura, potrebbe non averla un’abitazione in muratura e vivere in una di quelle baracche dei Paesi in via di sviluppo dove d’inverno si trema dal gelo e d’estate si soffoca per il caldo torrido.
Quali che siano i motivi, è certo che il bambino ritratto , intento a studiare, a compiere il proprio dovere di alunno lancia a noi un’ancora per impedirci di affogare nel mare torbido delle nostre autocommiserazioni, dei vittimismi, degli alibi meschini ai quali ci aggrappiamo per giustificare i nostri fallimenti, piccoli o grandi che siano. La foto è una sana provocazione: una sollecitazione a vincere quell’accidia che invade lentamente ma inesorabilmente l’animo e frena ogni proposito di continuare a combattere contro le difficoltà per realizzare sogni, progetti, aspirazioni.
Il bambino che legge, scrive, studia in un contesto deprivato e povero di stimoli, rappresenta degnamente tanti che con tenacia titanica, caparbietà, perseveranza, non maledicono la malasorte che li ha fatti nascere in un ambiente socialmente e culturalmente degradato, ma, fidando nelle proprie risorse interiori, affrontano con coraggio le fatiche e le difficoltà di ogni giorno e le superano, ostinatamente convinti che gli ostacoli che si frappongono nel cammino dell’esistenza possono essere “trampolini” per lanciarsi verso le mete agognate. Il piccolo pare, allora, dirci: “I condizionamenti ci sono, chi potrebbe negarli? La vita, per me, è difficile, molto di più di quella di tanti miei coetanei dei Paesi ricchi dell’occidente, che, per studiare, fruiscono di cameretta con comoda scrivania, di libri, quaderni, computer e altri mezzi digitali; ma il mio essere persona, dotata di dignità e libertà, vince su ogni determinismo e studio proprio per questo: per affrancarmi dalla miseria materiale e morale, per evolvere, per crescere non solo fisicamente, ma mentalmente e interiormente, per aiutare, poi, anche gli altri che vivono nelle mie stesse condizioni a utilizzare l’arma della cultura per un riscatto sociale ed etico.”
Sì, questo piccolo – grande eroe, da porre come modello ai nostri ragazzi, per i quali qualsiasi scusa è buona per non studiare, ci offre una grande lezione di vita, dimostrando che anche nel deserto può germogliare un fiore, che non siamo fatti, come direbbe il sommo poeta Dante, per “viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”.
Per dovere di cronaca, informo che la foto, scattata nelle Filippine, è stata postata su Facebook il 23 giugno da Joyce Gilos Torrefranca e pubblicata, poi,dal giornale Avvenire. Il commento è personale.