La parola al fotoreporter Salvatore Esposito

Una passione che dura da sempre, il desiderio di alimentarla ad ogni costo ed un obiettivo fotografico che sa essere invadente ed invisibile allo stesso tempo, possono dar vita ad una fotografia resa “eloquente” dalla sua forza e dalla sua espressività. Scatti ed istantanee che ci sembra quasi di poter “leggere”, al fine di informarci, di comprendere la realtà che rappresentano o semplicemente di emozionarsi.

Salvatore Esposito, giovane giornalista e fotoreporter napoletano, ci ha dato la possibilità di conoscere più da vicino questo affascinante mestiere.La sua carriera inizia quasi per scherzo, quando invia ad un tabloid locale delle fotografie scattate con la sua macchina digitale, durante una partita di calcio. Nel 2004 compaiono le prime pubblicazioni sul Corriere dello Sport edizione Campania ed inizia poi a farsi conoscere a livello nazionale, grazie alla collaborazione con vari giornali locali. Nel 2009 si iscrive all’Ordine dei Giornalisti come Giornalista Pubblicista e fotoreporter free-lance e a tutt’oggi collabora con il portale d’informazione Kappaelle.net. Il secondo posto, aggiudicatosi proprio grazie alla partecipazione alla prima gara Kappaelle Reporter, ha consentito a Salvatore Esposito di acquisire maggiore visibilità, in Campania ed in Italia e di partecipare a numerosi eventi.Per il giornalista, la fotografia è una vera e propria forma d’arte che gli ha regalato tante emozioni e la possibilità di prendere parte a manifestazioni straordinarie, come quella dell’Air Show a Pratica di Mare, nel 2008.

“Non è un sogno impossibile diventare fotoreporter”, ci spiega, “si può iniziare anche con una semplice macchinetta digitale, ma bisogna essere consapevoli della velocità a cui viaggia oggi l’informazione e della capillarità della sua diffusione. E’ fondamentale, per questo, trasmettere le notizie anche in tempo reale, riuscendo sempre ad essere discreti nei confronti del soggetto fotografato. Bisogna, poi, seguire i consigli altrui e mettersi in gioco, anche solo per confrontarsi con se stessi.”Esposito quando pensa al suo futuro non pone limiti né confini, tant’è che sarebbe disposto persino a continuare il suo lavoro in una zone di guerra: “bisogna essere nati per fare questo mestiere”. E forse non gli si può dare torto.Al termine dell’intervista, aldilà delle informazioni fornite, degli aneddoti raccontati e dei consiglielargiti, ciò che resta di più è una strana convinzione: il lavoro di fotografo, grazie al quale si possono fermare ed imprigionare il tempo e lo spazio in un unico scatto, paradossalmente è capace, invece, di proporre e creare ogni volta ed in piena libertà, realtà sempre nuove e sorprendenti.

 

 

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