DOCENTI E PERSONALE AMMINISTRATIVO IN PIAZZA CONTRO LA “BUONA SCUOLA”

Chi troppo tira la corda, alla fine la spezza: questo è capitato ai vari governi nazionali che si sono succeduti da alcuni anni a questa parte, i quali, dopo aver stravolto l’unico ordine di scuola, quello primario, che aveva raggiunto posizioni ragguardevoli nella comparazione internazionale, hanno immiserito tutto il sistema scolastico con tagli di risorse professionali e finanziarie.

Ed è così che oggi, dopo sette anni, le sigle sindacali, unite (Snals – Confsal, FlcCgil, Cisl, Uil e Gilda Unams), hanno indetto lo sciopero nazionale dei docenti e del personale amministrativo. Qualche dato per mostrare quale sia la considerazione che hanno i nostri governanti per il mondo della scuola: nel triennio 2009- 2001 sono stati effettuati 8 miliardi di tagli; inoltre, nello stesso periodo, 130.000 posti sono stati tagliati agli organici con esuberi nel personale di ruolo e mancate assunzioni dei precari.

I sindacati criticano con fermezza la riforma del governo Renzi sulla “Buona scuola”, stigmatizzando, in particolare, gli eccessivi poteri attribuiti ai dirigenti scolastici, tra cui “la chiamata diretta dei docenti dagli albi regionali, le incursioni su materie contrattuali come le retribuzioni e le modalità del personale, l’esclusione del personale ATA e della scuola dell’infanzia dalla stabilizzazione, la perdita della titolarità dei docenti, l’eccessivo ricorso alle deleghe.  “Il Governo” ha sottolineato Francesco Scrima (Cisl) “non riconosce il valore del lavoro degli operatori scolastici, né il loro ruolo sociale. Non ci fermeremo finché non otterremo la stabilizzazione del precariato e il contratto di lavoro scaduto da sette anni”.

Quest’ ultimo è uno dei punti che ha dello scandaloso e genera, per questo, sdegno, rabbia ed esasperazione: si esige giustamente dai docenti alta professionalità per affrontare le nuove sfide educative, per utilizzare adeguatamente nuovi mezzi tecnologici come le LIM (lavagne interattive) e, infine, solide competenze mirate all’inclusione dei ragazzi con bisogni educativi speciali (BES); ma tutto ciò, per la nostra classe dirigente super pagata, deve avvenire a costo zero per lo Stato. Molti insegnanti, perciò, seguono corsi di formazione a spese proprie, si abbonano a riviste didattiche e acquistano libri gravando sul loro stipendio di fame, se confrontato con quello dei docenti dei Paesi europei. “Il Governo deve ascoltare la piazza” ha affermato Marco Paolo Nigi, Segretario dello Snalas, “questo sciopero non rappresenta la conclusione di un periodo di lotta, ma l’inizio, fino ad arrivare, se sarà necessario allo sciopero degli scrutini”.

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