Casoria si è destata, il 31 Dicembre, coperta da un manto bianco di neve, scesa nel corso della notte a rendere candidi terrazzi, strade, auto, balconi. Paesaggio insolito, stupefacente, richiamante alla memoria degli adulti, in là con gli anni, reminiscenze dell’infanzia lontana, quando i fiocchi, volteggianti nell’aria gelida, parevano dare ancora più lustro, con la loro nitidezza, alla intensità degli affetti vissuti, nei giorni natalizi, in gaia armonia con nonni, cugini e parenti seduti intorno ad un’unica tavola imbandita di leccornie varie.
Oh, nostalgia dei tempi andati, riemersa nelle rigidi ore mattutine addolcite, a tratti, da un tiepido sole! La purezza del cielo pareva avvolgere la nostra Città, fugando, nell’ultimo giorno di un anno non meno difficile degli ultimi trascorsi, dolori, problemi, amarezze, quasi a disporre gli animi al recupero dell’innocenza svanita, per far riemergere in ciascuno di noi il “fanciullino” di pascoliana memoria. Ed è stato meraviglioso, infatti, davanti al candore del panorama, rifulgente al tocco leggero dei raggi dell’astro dorato, riprovare la soavità dell’innocenza e della tenerezza occultate, nel corso degli anni, nei bassifondi del cuore da coltri compatte di nebbia del cinico disincanto, del piatto pragmatismo e della fredda razionalità, temendo di ritornare ingenuamente infanti. Mi sono ritrovato, invece, in quella mattina ammantata del candore della neve, fortunatamente di nuovo bambino, con gli occhi incantati dall’ inattesa visione, la bocca semiaperta e lo sguardo sognante, a contemplare un po’ di paradiso disceso sulla terra. Ed ho immaginato la reazione estasiata dei miei alunni e, mai come in quell’estatico momento, ho rimpianto di non stare con loro, desideroso di condividerne le ineffabili emozioni, alla vista dei fiocchi danzanti lentamente nell’aria al soffio leggero e frizzante del vento. Avrei voluto, soprattutto, davanti allo scenario magico che mi ha offerto la natura, rivivere quei momenti con il mio amico poeta Antonio D’Anna e inebriarmi della commozione del suo sguardo pulito. Ma la sua fulgida anima è volata oltre le nuvole, richiamata dal Signore, a cui egli bramava congiungersi. Ho riletto allora, con il cuore colmo di letizia la sua poesia “Mattino d’inverno” (contenuta nella raccolta “Frammenti di viaggio”) per lasciarmi invadere dai suoi stessi sentimenti e continuare a vivere in lui, nella sua sublime anima.
“Sorpresi, desto, un nuovo giorno bianco,
sui tetti rugginosi e sull’asfalto
di neve inamidati.
Sfavillava tra verzure e sulle cime
dell’Appennin Campano, rimirato
da pianura in chiaro nitore, al vento
maestrale, dalle glaciali terre, sull’onda azzurra del Tirreno sceso,
ove scorazzò guazzando sull’ira
d’acqua e sugli scogli, sulle deserte
spiagge che manto d’alghe ricopriva
e poi su mare volteggiava, vinto.
Oh, mattino così fiorito in candor
di neve, nel fiocco raggrumatosi
su bordo di grondaia, in cristallina
stilla riflesso vivo e qui raccolto,
perché si specchi – scintillante anch’esso
e trasparente- il brutale e osceno mondo!
Vederla bianca, la mia terra triste,
nello sconforto di un inverno mesto
da cui rifugge canto d’usignolo!
Vederla pura, la mia terra offesa
-alito d’innocente creatura –
riposare nell’esterna castità
che cuore in sé rincorre e mai ritrova!