L’atto unico ‘O vico, scritto cento anni fa, in scena da venerdì 27 gennaio

Un nuovo sodalizio artistico produttivo per il prossimo spettacolo della stagione del Trianon, nel nome di Raffaele Viviani a cui è dedicato il teatro del popolo di Forcella.

Venerdì 27 gennaio prossimo, alle 21, andrà in scena ‘O vico, prodotto e interpretato dagli Attori indipendenti, una corposa squadra di artisti composta da Cloris Brosca, Paola Cannatello, Rosaria De Cicco, Gianni Ferreri, Franco Iavarone, Nello Mascia, impegnato anche alla regia, Massimo Masiello, Giovanni Mauriello, Matteo Mauriello, Marianna Mercurio, Ciccio Merolla e Francesco Paolantoni.

«Ci siamo riuniti per dare una risposta allo stato di crisi perenne in cui versa il teatro – spiega Mascia –, aggravato da una riforma ministeriale che ha eliminato trecento compagnie piccole e medie e fa intravedere il progetto politico di una progressiva dismissione del finanziamento pubblico al teatro: di qui la nascita degli “Attori indipendenti”, non solo per rivendicare un’idea di teatro che restituisca all’attore la dignità e la centralità dell’attività creativa, ma anche per tutelare, da napoletani, il nostro patrimonio attoriale, ormai disperso, che intendiamo trasmettere integro e puro secondo l’insegnamento dei nostri Maestri».

«Partiamo con niente, una produzione no budget che si affida al botteghino: – continua nella sua appassionante presentazione Mascia – : attori da una parte, spettatori dall’altra, senza aiuti, senza coperture, senza protezione».

‘O vico («Il vicolo») è il primo atto unico di Viviani, scritto esattamente cento anni fa, nel 1917, pressoché coevo quindi alla costruzione del Trianon, inaugurato da Vincenzo Scarpetta sei anni prima.

«Abbiamo scelto emblematicamente Viviani, sempre in lotta col sistema teatrale, e ‘O vico nella sala a lui dedicata anche per la storia particolare di questo titolo  – prosegue Mascia –: il Nostro mise in scena questo titolo all’Umberto, un piccolo teatro popolare del cavaliere Giovanni Del Piano in via Sedile di Porto, il 27 dicembre 1917, superando il divieto governativo agli spettacoli di variété – ritenuti “poco edificanti” per i reduci dal fronte, all’indomani della disfatta di Caporetto – in quanto andava in palcoscenico non più da solo, ma in compagnia di altri attori».

Il testo, che «rappresenta il primo tentativo di legare insieme personaggi, figure e tipi e anche canzoni tratte dal varietà in un’opera finita e organica» (Antonia Lezza), è ambientato a borgo Loreto, l’insula – peraltro prossima al teatro – tra il Carmine, la porta del Mercato e il ponte della Maddalena, che prende il nome dalla chiesa e convento di santa Maria di Loreto.

Lo spettacolo degli Attori indipendenti ha il sottotitolo «e altre strade» perché vede l’inserimento di alcuni numeri teatrali dello stesso Viviani, come ‘O sapunariello, ‘O malamente e Si vide a l’animale.

L’allestimento, presentato in anteprima l’estate scorsa al Maschio angioino, vede le musiche eseguite dal vivo da Mariano Bellopede e Ciccio Merolla. Le scene sono di Raffaele Di Florio, i costumi di Antonietta Rendina. La sartoria è Ctn 75 di Canzanella.

Alla presentazione alla stampa sono intervenuti Francesco Somma, del cda del teatro, e don Luigi Calemme, parroco della chiesa della Santissima Annunziata maggiore, che ha presentato l’iniziativa del Trianon con l’Arcivescovado e la Caritas che riserverà una recita straordinaria dello spettacolo ai fedeli delle parrocchie di Forcella.

Repliche: sabato 28 gennaio (ore 21), domenica 29 (ore 18), mercoledì 1° febbraio (ore 17:30) e giovedì 2 (ore 21).

I biglietti numerati sono distribuiti anche nelle prevendite abituali, nonché online sul sito del teatro teatrotrianon.org. Il botteghino del Trianon Viviani è aperto tutti i giorni dalle 10 alle 14 e dalle 15 alle 19. Per informazioni: tel. 081 2258285, interno 1. Il teatro è climatizzato.

 

«La mia vita fu tutta una lotta: lotta per il passato, lotta per il presente, lotta per l’avvenire. Con chi lotto? Non col pubblico, il quale anzi facilmente si fa mettere con le spalle al tappeto, ma con i mille elementi che sono nell’anticamera, prima di giungere al pubblico. Parlo del repertorio, delle imprese, dei trusts, dei trusts soprattutto. Oggi come ieri, l’uomo di teatro è in lotta continua coll’accaparramento dei teatri di tutta Italia, i quali sono tenuti e gestiti da pochissime mani, tutte strette fra loro.»

È’ l’incipit dell’autobiografia di Raffaele Viviani. Parole che sembrano scritte ieri, per quanto esse siano attuali. Oggi come ieri il teatro vive uno stato di crisi perenne. La riforma ministeriale, ha eliminato 300 compagnie piccole e medie, favorendo il mostro nuovo: il pachidermico “teatro pubblico commerciale” dei Teatri nazionali, totalmente asserviti alle clientele e al sottogoverno. Ma ciò che è più agghiacciante è il progetto politico che la riforma lascia intravedere. Quello di una progressiva dismissione del finanziamento pubblico al teatro. Ormai è chiaro. Per lo stato il teatro non ha già più una funzione pubblica e la miope classe politica attuale non vede nel teatro una chiave dello sviluppo sociale.

In questo clima di crescente disagio e di smarrimento nascono gli Attori indipendenti. Rivendichiamo un’idea di teatro che restituisca all’attore la dignità e la centralità dell’attività creativa. Da napoletani sentiamo forte il bisogno di tutelare il nostro patrimonio attoriale, ormai disperso, per trasmetterlo integro e puro come a noi lo insegnarono i nostri Maestri.

Partiamo con niente. Una produzione no budget che si affida al botteghino. Attori da una parte. Spettatori dall’altra. Senza aiuti, senza coperture, senza protezione. Un gruppo di attori che riconosce la propria storia nell’altro, che riconosce nell’altro le ragioni poetiche della propria scelta di vita.

Siamo qui. Col disincanto dell’età, nella nostra gioiosa dichiarazione di resistenza. Con poche certezze.

La prima. Il teatro è necessario. Perché – per dirla con Anatolij Vasil’ev – di tutte le arti rivolte a un pubblico, è solo il teatro che passa da bocca a bocca, da occhio a occhio, da mano a mano, da corpo a corpo.

La seconda. Sappiamo far bene il nostro mestiere.

La terza. L’unica nostra possibilità di manovra e di azione sulla realtà, politica e culturale del nostro paese, è quella di fare spettacoli belli. Sempre più belli, di cui il pubblico si innamori.

Abbiamo scelto Viviani. Il primo testo scritto da Viviani. ‘O vico. Anch’esso un tentativo. Emblematico.

Nel dicembre 1917, all’indomani della disfatta di Caporetto, ci fu una violenta campagna per far chiudere gli spettacoli di variété, «poco edificanti per i reduci dal fronte». Seguì un divieto governativo. Una sera del 1917 Viviani si presentò al cavaliere Giovanni Del Piano, impresario del teatro Umberto dì Napoli, un piccolo teatro popolare in via Sedile di Porto, dove si davano spettacoli di varietà e gli propose un affare. Propose all’impresario dell’Umberto di recitare nel suo teatro non più da solo, ma in compagnia di altri attori, tramutando le sue scene in veri atti unici.

Il primo fu ‘O vico appunto. Un gioiello. Che rappresenta la sintesi di quello che sarebbe stata la produzione immortale di uno dei più grandi artisti del teatro del Novecento.

Nello Mascia

 

 

 

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