La guerra del Donbass tiene lo Shakhtar lontano da casa sua

Uno dei programmi più riusciti degli ultimi anni, ovvero “Storie Mondiali” con Federico Buffa, cominciava sempre con una frase attribuita a Josè Mourinho: “Chi sa solo di calcio, non sa niente di calcio”. Una frase che, a mio modo di vedere, è strettamente collegata al “Panem et circenses” di Giovenale dato che lo sport e la storia camminano a braccetto, è quasi impossibile scinderli. Il Napoli di Maurizio Sarri ricomincerà per il suo secondo anno consecutivo il suo cammino europeo in Ucraina, questa volta contro lo Shakhtar Donetsk. Un accoppiamento che fino a qualche anno fa avrebbe permesso agli azzurri di entrare in uno degli stadi di recente costruzione più belli in assoluto, mentre invece la sfida tra il Napoli e i campioni di Ucraina si giocherà a circa 300 km dalla Donbass Arena e da Donetsk: teatro della gara, infatti, sarà la Metalist Arena di Kharkiv.

I manifestanti di “Euromaidan”

Lo Shakhtar non gioca a Donetsk da ormai più di tre anni, ovvero dal maggio 2014. L’Ucraina è stata (e nonostante i riflettori dei media spenti, lo è ancora oggi) un calderone infuocato dove si sono susseguiti una serie di avvenimenti che hanno scompaginato l’assetto su cui si reggeva il paese. Tutto parte, simbolicamente, dalle proteste di piazza passate alla storia sotto il nome di “Euromaidan”: i manifestanti si riunirono a Kiev nella notte tra il 21 e il 22 novembre 2013 per protestare contro il presidente Viktor Janukovyc, reo di aver sospeso le trattative per un importante accordo con l’Unione Europea, favorendo contestualmente un asse economico più solido con la Russia. La protesta ha cominciato ad assumere una portata maggiore a fine novembre, dopo la carica della polizia sui manifestanti che produsse un cospicuo numero di feriti. La situazione, con violenti scontri tra forze dell’ordine e civili, si è protratta fino a febbraio. In particolare tra il 18 e il 20 dell’ultimo mese di “Euromaidan” molti manifestanti sono stati uccisi da alcuni cecchini, ciò ha finito per alimentare ulteriormente la tensione che ha portato alla fuga dell’ormai ex presidente Janukovyc e alla fine di Euromaidan.

In uno scenario di guerra spunta la bandiera che era stata scelta per lo “Stato Federale della Nuova Russia”

Tuttavia la deposizione dell’ex presidente non ha messo la parola fine alla turbolenta situazione ucraina visto che benzina sul fuoco è stata gettata dagli accesi conflitti tra nazionalisti ucraini e separatisti russi. In questo contesto rientra la vicenda della Crimea, passata sotto il controllo russo “de facto” in seguito al referendum del 2014. Contestualmente scoppia anche quella che va sotto il nome di “Guerra del Donbass”, che simbolicamente comincia tra il 6 e il 7 aprile del 2014 con i militanti filorussi che proclamano l’indipendenza della Repubblica Popolare di Donetsk, seguita poi della Repubblica Popolare di Lugansk. Gli esponenti delle due autoproclamate repubbliche avevano in cantiere l’idea di unirsi e dare vita allo Stato federale della Nuova Russia, progetto poi naufragato. A tal proposito vi fu anche un Referendum tra gli abitanti di Donetsk (affluenza del 74,7% ) e Lugansk (affluenza dell’81%) che vide oltre il 90% dei votanti esprimersi in maniera favorevole allo stato di autogoverno della nuova “Repubblica Popolare”, referendum ovviamente dichiarato illegittimo dall’Ucraina. Le tensioni tra i separatisti e il governo ucraino sono sfociate in un vero e proprio conflitto, una situazione turbolenta che ha portato la città di Donetsk a finire sotto i bombardamenti che hanno parzialmente interessato anche la Donbass Arena, impianto inaugurato nel 2009 che ospitava le gare interne dello Shakhtar, che nel frattempo è stato costretto a lasciare la città che gli ha dato i natali. Nelle stagioni 2014-2015, 2015-2016 e nella prima parte della stagione 2016-2017 la squadra ha giocato a Leopoli, mentre nella seconda parte della suddetta stagione lo Shaktar si è trasferito a Kharkiv nello stadio del Metalist, l’impianto che ospiterà anche la gara d’esordio del Napoli di Maurizio Sarri nella fase a gironi di questa Champions League.

 

I danni causati alla Donbass Arena

La Donbass Arena, la casa ormai disabitata dello Shakhtar Donetsk, fu inaugurata il 29 agosto 2009, una data simbolica perché in Ucraina coincide con la “Giornata nazionale dei Minatori” che in una regione mineraria come il Donbass, di cui Donetsk è una della città simbolo, è di gran lunga il mestiere per eccellenza. Quelli dello “Shakhtar”, infatti, hanno come soprannome proprio quello di “minatori”. All’inaugurazione dello stadio parteciparono diversi cantanti di fama internazionale, tra cui il vincitore dell’Eurovision 2008 Dima Bilan e la pop-star Beyoncé che tenne un suo personalissimo concerto nella seconda parte dello show. La Donbass Arena ha ospitato anche diversi match dell’Europeo 2012, che si tenne in Polonia&Ucraina, tra cui anche la semifinale tra Portogallo e Spagna, vinta dalla furie rosse ai calci di rigore. Poi, come già detto, nel maggio 2014 lo Shakthar andò via da Donetsk e nello stesso anno l’impianto è stato vittima di alcuni danni causati dai bombardamenti di cui è stata vittima la città.

L’autoproclamata Repubblica Popolare di Donetsk, stando alle poche fonti da cui possiamo attingere, avrebbe nazionalizzato l’impianto, riaperto al pubblico e ai giornalisti lo scorso mese di aprile, stando anche a quanto mostrato da diversi video condivisi su Youtube da organi di informazione vicini alla repubblica autoproclamata da cui si apprende anche che a breve la Donbass Arena ritornerà ad ospitare anche partite di calcio tra club del Donbass. Non viene menzionato lo Shakhtar, campione d’Ucraina, che evidentemente continuerà a giocare ancora per un po’ lontano da Donetsk, adesso “de facto” città simbolo dell’autoproclamata “Doneckaja Narodnaja Respublika”, che gode del riconoscimento di soli due stati, anch’essi a riconoscimento limitato: l’Ossezia del Sud e la già citata Repubblica Popolare di Lugansk. La situazione del Donbass ovviamente è decisamente complessa, impossibile raccontare “per filo e per segno” l’evoluzione delle vicende dal 2014 ad oggi in un articolo che, per quanto lungo, per un argomento del genere risulta abbastanza breve e decisamente troppo semplificato.

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