Vedo le parole ma non riesco a dirle

Leggiamo continuamente storie: da quando siamo piccoli e dovevano raccontarcele per andare a dormire; quando siamo cresciuti le abbiamo lette su libri, giornali, ascoltate in tv, e poi raccontate ad amici e parenti. Ascoltiamo e viviamo in prima persona storie che poi racconteremo. Oggi vorrei parlarvi di una storia che ho ascoltato qualche tempo fa durante il programma televisivo Le Iene, è la storia di Franco e Andrea, padre e figlio.

Andrea è un ragazzo affetto da autismo, una malattia che si conosce e di cui si parla poco, troppo poco. Ha 18 anni, adora premere pulsanti, quando esce inizia a correre e abbraccia tutti, cerca il contatto con le persone. Non esiste una sintomatologia precisa, nessuna forma di autismo è uguale all’altra.

Spesso i genitori si rivolgono inizialmente al medico quando notano dei comportamenti che fanno apparire i loro bambini come incapsulati in una fortezza vuota. I segnali d’allarme sono la difficoltà a relazionarsi con gli altri, la tendenza a ridere o sorridere senza motivo, l’assenza di sguardo verso la persona che sta parlando, il far roteare in continuazione gli oggetti ma anche la ripetizione ossessiva di parole. Spesso sostituite da gesti.

Nonostante la difficoltà, però il padre di Andrea non si è arreso, non lo ha abbandonato, ma prima di ogni cosa ha accettato la sua malattia. Una forse delle cose più difficili per un genitore è accettare che il proprio figlio sia affetto da un disturbo che gli impedisce di comunicare e di relazionarsi agli altri, o almeno non in modi consuetudinari, un disturbo per il quale non esistono farmaci e per cui esistono terapie comportamentali, da 20 a 40 ore settimanali, rivolte a bambini di età prescolare. A stimolare i bambini sono i genitori, generalmente, in presenza di professionisti specializzati.  È necessario capire che non si può far finta di niente, e il papà di Andrea piuttosto che piangersi addosso o fingere che la cosa non fosse reale, ha dedicato la sua vita al figlio.

“L’idea di un grande viaggio ha cominciato a lavorare dentro, in silenzio. Come un virus. Una mattina sono andato incontro ad Andrea che tornava da scuola, con il suo passo veloce. L’ho visto arrivare e gli ho chiesto se gli sarebbe piaciuto fare una vacanza speciale. Ce ne andiamo lontano? – chiedevo. Mi ha guardato di sfuggita e ha sorriso. Andrea, andiamo in America? ‘America bella’”.

Un viaggio per raccontare le emozioni del figlio, emozioni che non sono chiare come le sue, ma che se osservi un po’ meglio puoi cercare di comprendere. Andrea scrive; scrive sul computer; scrive con un dito, con un gesto compulsivo del braccio che si muove dal cuore verso il computer; scrive parole comprensibili; scrive parole che ora si possono leggere in un libro. Durante il loro viaggio Andrea ha incontrato Orge, un altro ragazzo autistico, con cui il padre racconta comunicasse in modo diverso, come se si capissero, come due che parlano lo stesso dialetto, come due che nella difficoltà di comunicare si ritrovassero e si confrontassero.

L’autismo, a mio modo di vedere, è una forma diversa di guardare le cose, un modo particolare di guardare il mondo, ma non per questo incomprensibile. La diversità non è mai una cosa sbagliata, anzi arricchisce, la diversità rende curiosi, le persone disabili non vanno trattate come inferiori, vanno trattate con lo stesso rispetto per qualunque altra persona. Vanno interpretate e capite come chiunque. Ho avuto il piacere di stare a contatto per un anno con bambini con diverse forme di disabilità proprio qui a Casoria, ed è stata una delle esperienze più belle e che mi abbiano arricchito nella vita. Bambini con diverse forme di autismo e con molte altre patologie, che sorridevano come tutti gli altr, capaci di dimostrarti l’affetto o la rabbia a seconda della situazione, bambini che giocano, diversi, ma pur sempre bambini. E genitori con una forza sconvolgente, genitori che piuttosto di rinnegare, hanno scelto di farsi aiutare, di affrontare il problema insieme ai loro figli.

Franco, il papà di Andrea, non è certo l’unico che ha scelto di dedicare la sua vita al figlio autistico; in Italia circa 400000 famiglie sono toccate in prima persona da questa problematica. Franco però ha scelto di far raccontare il suo viaggio, di rendere pubbliche le emozioni di Andrea, da uno scrittore, Fulvio Ervas. Il libro s’intitola “Se ti abbraccio non aver paura”, buona lettura!

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