Svolta tattica ed umiltà: il ritratto del Napoli uscito dalla crisi

Mazzarri parla spesso della capacità dei suoi uomini di compiere le due fasi, alternandole con il giusto tempismo. Questo concetto sembra aver quasi assorbito il Napoli, che ha vissuto due momenti completamente diversi. Esprimendosi con il linguaggio degli storici, possiamo definirle la fase pre-Siena e quella post-Chievo. Proprio ieri Mazzarri nel post-partita citava la sconfitta di Coppa italia in Toscana come momento-chiave, apostrofandola come una partita completamente sbagliata e la sfida contro il Chievo come l’appuntamento in cui si sono posti i tasselli giusti per rilanciare la stagione in corso. Il Napoli pre-Siena esprimeva dati allarmanti, certamente non come l’Inter di Ranieri, ma meritevoli della definizione di crisi. Era abulico, ripetitivo nella costruzione del gioco, ad intensità molto ridotta, non ha mai perso, però, l’anima, la compattezza di gruppo, che gli permetteva di costruire delle fiammate, dei momenti di

riscatto, come l’ultimo quarto d’ora di Genova, l’assalto nell’1-1 contro il Bologna ed il primo tempo di San Siro.

 

Mazzarri è ripartito da queste certezze per costruire la svolta sia nell’approccio psicologico che nello schieramento tattico. Nessuna rivoluzione, ma piccoli cambiamenti nella testa e nella sistemazione in campo. Il tecnico del Napoli ha ridato agli azzurri i panni della “provinciale che sorprende” e l’ha fatto non solo con gli appelli all’umiltà da ritrovare, all’impiegare lo stesso impegno contro qualsiasi avversario, che sia Reginaldo o Ibrahimovic, ma anche con le scelte di tipo tattico. Mazzarri è partito dalla fase difensiva, i cui progressi si vedono nei risultati: un solo gol subito in cinque partite tra campionato e Champions League, imbattibilità mantenuta negli ultimi quattro incontri di campionato.

Una svolta è sempre complessiva, prevede più fattori, non tocca mai una sola sfera. Mazzarri, infatti, ha saputo dribblare dei limiti d’organico che persistono a causa di una campagna acquisti non all’altezza degli impegni a cui era chiamato il Napoli, non corretta nel mercato di riparazione. A Gennaio è arrivato solo il prospettico Vargas, non è stato sostituito Donadel e non è arrivato l’esterno sinistro che potrebbe rappresentare un’alternativa in più, importante per una compagine che valorizza molto le corsie laterali nel suo sistema di gioco.

La diversa intensità e la brillantezza mostrata soprattutto nelle ultime tre gare dimostrano anche che la preparazione atletica degli azzurri è stata modellata in funzione della Champions, obiettivo prioritario dichiarato dalla società, ed immaginando di dover recuperare in campionato un distacco che, però, credevano fosse inferiore nei piani di inizio stagione.

Il 3-5-2 con Hamsik o Dzemaili sulla mediana ha favorito la manovra sotto vari aspetti: la densità a centrocampo aiuta la fase difensiva perché è maggiore la capacità di filtro degli azzurri soprattutto quando gli avversari attaccano con gli uomini tra le linee. La tendenza a verticalizzare piuttosto che ripetere il solito scarico sugli esterni, a provare il lancio lungo verso l’esterno che si spinge quasi a smontare la retroguardia avversaria e con molta più insistenza il tiro dalla distanza sono gli evidenti segnali di una svolta di cui si coglieva il presagio nella significativa conferenza stampa tenuta prima di Napoli-Chievo.

Il destino ha rifilato uno scherzo all’Italia intera, soprattutto a quella che gestisce il mondo del pallone, portando al San Paolo l’Inter, proprio quando gli occhi di tutto il mondo non riuscivano ancora a staccare gli occhi da Fuorigrotta dopo le emozioni di Napoli-Chelsea 3-1. Bedy Moratti, Branca ed Ausilio in tribuna ed il patron Massimo da casa avranno riflettuto sulla sindrome di “ricchi incapaci” che li affligge da una vita e soltanto i legittimi diritti acquisiti dopo Calciopoli ed il valore tecnico-manageriale di Josè Mourinho avevano cancellato.

Mazzarri ha saputo tirar fuori gli azzurri dalla crisi perché può lavorare con carta bianca, protetto da una struttura societaria solida e da un presidente che, nel bene e nel male, espone chiaramente le sue idee. La differenza tra la svolta di Castelvolturno ed il capitombolo di Via Durini è proprio negli equilibri virtuosi del Napoli che non si vedono in casa interista.

Equilibri virtuosi che rappresentano le riflessioni compiute dal patron in queste settimane sull’organizzazione societaria. La principale virtù del club di De Laurentiis è la programmazione ed è proprio questo il periodo dei piani. Tutto ruota intorno a Mazzarri, che il presidente del Napoli vorrebbe tenere almeno fino alla scadenza contrattuale prevista nel 2013. I matrimoni si conducono in due, bisogna vedere se il tecnico di San Vincenzo avrà qualche offerta succulenta che potrebbe fargli cambiare idea rispetto a quanto dichiarato ai media.

De Laurentiis lavora per il rinnovo del contratto di Bigon; la proposta è stata già formulata da qualche settimana fa, il ds partenopeo si aspettava un’apertura maggiore dopo il lavoro di “equilibrista” compiuto in questi anni, ma gli errori sugli acquisti compensano con la bravura dimostrata riguardo al rapporto con il gruppo, alla tenuta degli equilibri societari e soprattutto nelle cessioni. Bigon si sta guardando intorno prima di accettare, l’ipotesi di acquisire più poteri in provincia lo stuzzica.

Sembra più problematica la permanenza di Fassone, schiacciato tra le idee e l’attivismo di De Laurentiis sul fronte commerciale e lo storico rapporto del patron con Formisano, valido responsabile marketing del club partenopeo.

Hamsik sembra vicinissimo al rinnovo, mentre per Aronica la situazione è in stand-by.

I dubbi dell’entourage del giocatore sono dovuti al numero di presenze proposte dalla società, venticinque (15 la richiesta degli agenti), necessarie per il rinnovo del contratto annuale. Incertezze favorite anche dal biennale offerto dal Palermo e dai dubbi in merito alla permanenza di Mazzarri che da oggi sembra la soluzione favorita da De Laurentiis ma che nessuno può dare per scontato. Sul settore giovanile, il duo Sormani-Barresi dovrebbe essere confermato perché incarna la filosofia seguita dalla società: troppo complicato riuscire ad avere una struttura valida e rilanciare un lavoro partendo dalle basi tecniche, allora si lavora per potenziare il vivaio acquistando giocatori a livello internazionale, come lo stesso Novothny o Zohorè del Copenhagen, prima scelta sfumata per le richieste economiche del club danese, accontentate invece dalla Fiorentina di Corvino.

 

Ciro Troise

Share This Post