Requie, repuoso, refrisco, cunzuolo’… Il Cimitero delle Fontanelle secondo Mani e Vulcani

Napoli, crocevia di tradizioni popolari, di storia e di cultura, luogo di contraddizioni e di passioni, terra in cui paganesimo e cristianesimo si fondono generando una miscela perfettamente equilibrata, racchiude dentro di sé l’essenza nascosta di una città unica, ancora da scoprire. Ed in questo alone di mistero che avvolge e permea la nostra città prende forma il Cimitero delle Fontanelle, un luogo di una suggestione mistica quasi inquietante.

Tale complesso monumentale è un antico ossario che si sviluppa per circa 3000m² e si trova nel cuore del Rione Sanità, uno dei quartieri di Napoli più ricchi di storia e tradizioni, nella zona scelta per la necropoli pagana e più tardi per i cimiteri cristiani. Il sito conserva da quattro secoli i resti di chi non poteva permettersi una degna sepoltura e, soprattutto, delle vittime delle epidemie che hanno colpito la città. Tra le caratteristiche di quest’area, che si estende

tra il Vallone dei Girolamini e quello dei Vergini, la presenza di numerose cave di tufo, materiale utilizzato per la costruzione della città fino al 1656, anno dello scoppio della peste. Da quel momento lo spazio delle cave fu utilizzato per seppellire i corpi senza vita degli appestati fino al 1836, anno del colera a Napoli. L’ossario custodisce all’incirca 40.000 ossa di cadaveri ma si dice che ve ne siano molte di più sotto il livello della pavimentazione della struttura per almeno quattro metri di profondità.

 

Il cimitero fu fatto chiudere nel 1969 dal cardinale di Napoli Corrado Ursi, preoccupato dell’eccessiva importanza che il popolo napoletano dava ai resti in esso contenuti. Si stava sviluppando, infatti, un vero e proprio culto delle anime abbandonate. La gente si fermava a pregare dinanzi ai teschi, scegliendone uno tra tanti con la speranza di ricevere qualche grazia o di qualche numero da giocare al lotto. Queste anime, infatti, dette pezzentelle, sono le anime di cui nessuno si cura, i cui resti sono anonimi, sconosciuti e costituivano per i napoletani un ponte tra la vita e la morte e per questo degne di essere evocate in cambio di aiuto. Sacro e profano, magia e religione, dunque, si fondono suggellando lo stretto legame che il nostro popolo ha con la morte.

Nel 2002 il cimitero, in evidente e spaventoso stato d’abbandono, fu messo in sicurezza e finalmente nel maggio 2010, dopo un pacifico intervento degli abitanti del Rione, l’amministrazione comunale ha riaperto il sito.

E da più di un anno a prendersi cura delle anime purganti, non attraverso il refrisco, termine ricorrente nelle preghiere per alleviare le sofferenze delle anime d’o priatorio, ma svelando i segreti dell’ossario ai turisti ed ai compaesani, è l’associazione culturale napoletana Mani e Vulcani, operante nel settore della promozione della cultura e dell’arte, attraverso attività e iniziative volte ad una migliore fruizione del patrimonio culturale nell’ambito del turismo, della didattica e degli eventi.

Tutte le domeniche di giugno (le prossime 10, 17, 24) fino al 1 luglio alle 10 e 30 l’associazione, con i suoi Narratori dell’arte, organizza  un percorso guidato e ‘narrato’ all’interno del Cimitero delle Fontanelle, tra miti, leggende, personificazioni dei teschi e storia vera.

 

di Daniela Abbate

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