
Melodie evocative di sensazioni particolari, di emozioni ineffabili che prorompono dal fondo dell’animo; simili alle onde, i moti del cuore si innalzano e si abbassano, si elevano maestosi e si placano placidamente generati da ritmi coinvolgenti, tra virtuosismi raffinati ed energici e dolcezze voluttuose, venate da malinconia: é ciò che desta la musicalità prodotta dall’artista Pino Daniele, che ha lasciato questo mondo per andare a esprimere in un’altra dimensione la versatilità inconfondibile della sua anima creativa.
Mai pago, era continuamente alla ricerca di stimoli, attingendo input dai generi del blues, del jazz e del rock, per offrire alla tradizione musicale napoletana sonorità nuove, originali. Anche con alcuni testi poetici, ricchi di suggestioni profonde, è riuscito in maniera impagabile a staccarsi da una rappresentazione di Napoli convenzionale e oleografica, per descriverne i “colori” della speranza e della veracità di sentimenti nobili, ma anche per cogliere i respiri dolorosi e amari di una “Terra mia” , oltraggiata e offesa.
Soprattutto questo ultimo brano, insieme a “Napule è”, entra nelle fibre del mio essere, suscitando una commozione intensa: rappresentano, entrambi, uno sfogo sincero e struggente di Pino Daniele davanti ad un territorio impreziosito di “perle”naturali, ma deturpato (“Napule è ‘na carta sporca”) dalla malapolitica e dall’inciviltà dei suoi figli. Ecco perché “Napule è nu sole amaro” che brilla di certo sulle bellezze paesaggistiche, ma illumina amaramente, appunto, anche l’illegalità, la malavita organizzata, la furbizia disonesta elevata a sistema. Perciò, oltre ad essere dipinti da “mille culure”, i vicoli della Città, le strade, le piazze, le case sono anche percorsi da “mille paure”: un autentico “manifesto canoro”, dunque, le due canzoni citate, in cui l’Artista partenopeo sa fondere ed esprimere, in modo verace, l’amore per il mondo partenopeo (“Terra mia terra mia comm’è bello a la penzà, terra mia terra mia comm’ è bello a la guardà”) e, nel contempo, il dolore che da esso si solleva prorompente e dal quale Pino Daniele si lasciava pervadere. E’ il motivo per cui, come egli più volte ha affermato, con il capoluogo campano aveva “un rapporto di amore e odio”. Ciò che recava sofferenza al Musicista e geniale Chitarrista era il fatto che di Napoli “nisciuno se ne importa” e “ognuno aspetta a ciorta” con rassegnata e fatalistica indifferenza: una denuncia al disimpegno sociale e al disamore per tutto ciò che rappresenta il bene comune.
Al flash mob organizzato in breve tempo, al quale hanno partecipato, ieri in piazza Plebiscito, circa 100.000 fan dell’Artista napoletano, tantissime candele accese si muovevano, spinte dal vento dell’affetto smisurato per il loro idolo, al canto corale delle note di “Napule è”, di “Quando” e di altre amatissime canzoni, che hanno rappresentato, come diversi napoletani hanno dichiarato, “le colonne sonore che hanno scandito le fasi della nostra giovinezza”. “Messaggero di Napoli nel mondo” l’ha definito il Cardinale Sepe durante la celebrazione eucaristica, in suffragio della sua anima, svoltasi nella stessa Piazza in serata, altrettanto gremita di gente di ogni età.
Fisicamente Pino Daniele non è più, ma la Sua anima continua ad essere presente nell’inconfondibile linguaggio della musica da lui creata, facendo vibrare la nostra interiorità di emozioni intense e richiamando in noi immagini di mesti inverni, ma anche di miti primavere, moti di cocenti disillusioni alternati a fioriture di speranze, sentimenti d’amore che muoiono ineluttabilmente e poi sorprendentemente rinascono, in un perenne alternarsi di “colori” freddi e caldi, di sorrisi e pianti, di gioie e dolori, di amarezze e consolazioni.