LUCIO ALLOCCA, L’ARLECCHINO NAPOLETANO

L’Otello di “Un posto al sole” e non solo, racconta la sua fantastica vita-carriera da regista e attore teatrale, televisivo, cinematografico e radiofonico.

Come ha avuto inizio la sua passione per il teatro?

“È nata in parrocchia, nella parrocchia del mio quartiere. Io abitavo nella strada parallela al teatro San Ferdinando, il teatro di Eduardo. Nella parrocchia di Santa Maria la Fede, il parroco era uno dei pochi che faceva fare spettacoli misti di maschi e femmine. Noi facemmo “la sera del Sabato” di Guglielmo Giannini, un lavoro sugli emigrati in America. Io avevo 15 anni e mezzo e facevo il padre della protagonista che ne aveva 24. Ero infatti, sempre pieno di pacchi di borotalco che impastavo con l’acqua e mettevo in testa per tingere i capelli di bianco per fare il padre anziano”.

Quindi si è avvicinato da solo al teatro?

“No, facevo parte di un gruppo. Quando andavamo in vacanza, tutte le famiglie insieme, in una villa di amici nostri, la villa Volpicelli ad Ercolano, il nostro divertimento più grande era quello di preparare degli spettacoli per poi metterli in scena prima che finisse l’estate.La passione è nata così, per gioco, ma era anche alimentata dal fatto che abitavamo di fronte al teatro San Ferdinando.Caso ha voluto, poi, che in questo stesso teatro ci sia ritornato come attore e non più da spettatore, prima con Eduardo, poi in una delle ultime volte in cui Peppino de Filippo ha recitato nel teatro del fratello e poi con la compagnia teatrale di Mario Scaccia.”

Non ha mai frequentato nessuna scuola che gli insegnasse questo mestiere?

Certo che si. In realtà l’aspirazione mia e di altri del mio gruppo che volevano fare questo mestiere, era quella di andare alla Silvio D’amico a Roma. In quel periodo, però, si aprì una scuola parificata con corso triennale, ospitata dal circolo artistico politecnico, che rilasciava un diploma riconosciuto dal Provveditorato degli studi. Da quella scuola sono usciti tanti nomi importanti: Vittoria Mezzogiorno, Laura Belli e tanti altri, tra i quali io. Ma purtroppo come tutte le cose che funzionano bene dopo due cicli di studi chiuse. Con quel diploma però riuscii a farmi notare anche dalle grandi compagnie e considera che ai miei tempi erano ancora vivi i grandi capo-comici, come i de Filippo, Scaccia ed inoltre funzionava davvero il criterio della meritocrazia: facevi i provini e se eri giusto per quel ruolo e lo facevi bene venivi preso.

Addirittura mi vennero a bussare alla porta di casa per andare a fare un provino di Eduardo, perché in estate alla Floridiana, avevo collaborato nelle vesti del capitano spagnolo alla Tabernaria di Gian Battista Della Porta con Pupella maggio, Gennarino Palumbo. Quest’ultimo mi venne a bussare e mi disse “ presto, presto, eduardo sta facendo i provini, secondo me questo ruolo è giusto per te, presto presto, muoviti”. Pensa in tre minuti mi infilai un maglione e mi sono ritrovato nel famoso camerino del direttore. Eduardo mi disse” siete arrivato presto” e io gli dissi che abitavo proprio lì difronte e che mio padre era un suo fervente ammiratore e che spesso lo vedevamo con la sua Volkswagen azzurra e lui mi disse” eh, ma io non so guidare molto bene” e io avrei voluto dirgli” lo sappiamo visto ca parchigg semp n’copp o marciapiede”, Io intanto pensavo sempre a cosa avrebbe potuto chiedermi e avevo il timore che mi trovasse impreparato. Dato che Pupella Maggio aveva già parlato di me con lui, mi chiese che ruolo avessi fatto nella Tabernaria e io gli dissi che rivestivo il ruolo del capitano spagnolo, lui allora mi chiese “ in italiano?” e io risposi che avevo recitato in lingua spagnola napoletanizzata del 600. Dopo avermi osservato per un altro po’ mi disse: “andate da Argeri”. Io che non sapevo chi o cosa fosse Argeri , pensai che mi avesse rivolto una cattiva parola e sconsolato uscii dal suo camerino. Quando uscii Gennarino mi chiese cosa avessi fatto, cosa mi avesse chiesto e io rammaricato gli dissi: “forse avrò fatto una gaffe perché mi ha detto andate da Argeri”. Gennarino allora con un grosso sorriso in volto mi disse “ bravo, complimenti, sei stato preso e devi già andare a firmare il contratto: Argeri è l’amministratore della compagnia”.

Come è approdato in tv?

“Facevi il provino, un brano di prosa poi leggevi un testo che ti davano loro e se eri bravo ti prendevano. Io fui preso quasi subito e debuttai in televisione nelle vesti di un giornalista americano anni 40 in un film dalla regia di Josè Quaglio.

Ho lavorato molto sia in televisione che alla radio. Le prime soap opera le trasmettevamo alla radio. Abbiamo fatto tutta la lettura integrale a capitoli  per un anno intero del Don Chiscotte di Cervantes. Io facevo Don Chisciotte e il mio Sancho panza era Leopoldo Mastelloni. Abbiamo lavorato tanto. Quando c’erano i mondiali facevamo delle trasmissioni dei racconti e di letteratura di tutte le nazioni andate in finale. Io ho fatto a Roma con la regia di Andrea Camilleri, il Barone rampante di Italo Calvino con tutti i rumori creati dal vivo. Venivamo chiamati sempre noi perché venivamo tutti da quella scuola in cui ci venivano insegnate materie come dizione.”

Cosa preferisce di più tra teatro, radio, televisione e cinema?

“Io non dico mai cose romantiche sul teatro, non dico mai che il teatro arriva di più al pubblico, dico sempre che il teatro è la scuola. Poi sono tutte tecniche differenti di comunicazione, tecniche espressive diverse e più le acquisisci tutte e tre e più si lavora. Devo dire però che solo noi italiani attuiamo questa distinzione perché ad esempio gli inglesi e i francesi usano lo stesso verbo per dire   giocare, recitare e suonare: to play e jouer.

Certo il teatro da più emozioni. Ora poi tornandoci anche come regista è stato ancora più appassionante. Però la mia generazione è una generazione di cinema, la passione più grande nasceva quando andavi a vedere dei film che a noi cinefili piacevano ma che nelle grandi sale commerciali sparivano subito.

Il veicolo di popolarità era quindi proprio il cinema , tanto è vero che a Roma amano Totò e in particolare i suoi film con Aldo Fabrizi, quasi più che a Napoli.”

Lei ha lavorato anche al cinema?

“Io sono stato fortunato perché con il Bellini feci Napoli a Venezia e con il San ferdinando Venezia a Napoli in uno scambio di rassegne. Stavo facendo il Reduce di Angelo Beolco, detto il Ruzzante, in lingua veneta del 500, quando alla fine dello spettacolo il mio amico scenografo e costumista mi presentò il regista Salvatore Piscicelli che mi disse che mi voleva come protagonista di un suo film in prossima uscita. Con quel film abbiamo vinto il secondo premio assoluto al festival di Locarno e il primo come Opera prima. Poi sempre per un caso della vita, ero al teatro Parioli facendo lo spettacolo Caffè Chantal e incontrai Luciano De Crescenzo che mi disse se volevo partecipare al suo film “Così parlò Bellavista” che ebbe come seguito “Il mistero di Bellavista”. Da lì in poi tutto è stato in discesa: è arrivato poi Daniele Luchetti con i due film “Il porta borse “ e “ Arriva la bufera”, che hanno anticipato lo scandalo di tangentopoli e il problema delle discariche.

Poi ho attraversato un po’ le commedie: mi chiamò Leonardo Pieraccioni, una persona di grande simpatia e semplicità che mi chiese di volere partecipare al suo film “Il principe e il pirata”.

In seguito ero a Roma per una serie di pubblicità a Cinecittà e si alternavano registi importanti. Una serie la girò Tornatore e io gli dissi “ Pippo ma tu sei da premio Oscar e ti limiti a fare pubblicià, ma c’è qualcosa per me?” lui mi disse “tutto apposto me lo vedo io, sarai chiamato tra poco”. Io credevo fosse uno scherzo e invece un paio di giorni dopo mi chiamò la produzione e mi fecero firmare il contratto per il film “Il manoscritto del principe” di Roberto Andò”

C’è  qualche personaggio che le ha portato fortuna più di tutti?

“La mia fortuna è data  dalla figura del Pulcinella: una delle prime regie al Cilea è stato un testo di pulcinella. Grazie a questo personaggio ho visto Barcellona che è un posto stupendo, immaginate che il secondo spettacolo lo davamo di domenica quando c’era Real Madrid- Barcellona, ma contro tutte le aspettative il teatro si riempì lo stesso e fu comunque un grande successo.

La mi passione per la commedia dell’arte è nata però con Arlecchino, ecco perché sapevo parlare bene il veneto, il bergamasco, perché l’ho fatto più volte e in varie compagnie. In una di queste ho conosciuto Mario Scaccia che mi fece partecipare allo spettacolo “ Il mercante di Venezia” in chiave arlecchinesca e poi al “Sogno di una notte di mezza estate” appeso a un trapezio. Ho portato, quindi avanti questo personaggio per molto tempo e in una vecchia intervista dichiarai di essere più Arlecchino che Pulcinella, perché come lui correi avere sette vite per continuare a fare questo mestiere e ho la dinamicità e l’ambiguità del diavolo.La cosa brutta, però , è che molti film ai quali ho partecipato anche con Antonio Pennarella, come “Marcello marcello” trasmesso in Rai una domenica alle 2 del pomeriggio e  “Santo Stefano” di Angelo Pasquini. Quest’ultimo film nonostante vedesse come protagonisti me, Claudio Amendola, Laura Morante è stato trasmesso solo in America con la Walt Disney e non in Italia.

C’è qualche progetto prossimo che la vede impegnato?

“Tra un po’ è in uscita un film su Rai 1 che mi vede come protagonista, intitolato Teresa Manganiello. I passi dell’amore. È la storia della fondatrice dell’ordine delle francescane e io sono il padre spirituale che la invogliò, la incoraggiò a fondare l’ordine. Nel cast ci sono anche Maria Grazia Cucinotta, Paolo Ferrari, Federica Sbrenna. Patrizio Rispoli, Marzio Honorato, Mario Porfito. La storia inizia così: una giornalista e un giornalista più anziano vengono colpiti durante una missione di cronaca di guerra in Afghanistan. Ritornati a Roma in aereo vengono messi subito in un piccolo ospedale di francescane. Una di queste dà alla giornalista (interpretata dalla Cucinotta), che non ha niente da leggere, un libro che narra la storia di Teresa Manganiello. Lei si appassiona alla storia e incarica il suo compagno di indagare. Tutto quindi inizia a prendere forma grazie ai flashback.

Ci racconti la sua esperienza cinematografica con Mel Gibson in The Passion

“Inizio col dire che sono stato fortunato perché ho interpretato uno di quelli che si vede e parla, non doppiato, in aramaico antico. Io ero in vacanza  e mi chiamò una grande agente americana Shaila Rubin e mi disse che avevo appuntamento con Gibson. Io non avevo nessuna grande aspettativa ne mi aspettavo che ad accogliermi ci fosse proprio lui. Mi chiese cosa stessi facendo e io gli risposi che stavo facendo da un po’ di tempo il regista oltre che l’attore. Dopo un breve colloquio, lui si alzò mi accompagnò alla porta e mi disse “Tu ami la vita” e io gli risposi “ si, because nothing waiting for me”, non mi aspetto mai niente per me. La sua assistente dopo che chiuse la porta, mi inizia a dire “ tu sei pazzo, proprio pazzo, perché hai detto quella frase, è un’ abnegazione, lui ti stava squadrando, perché l’hai detta”. Dopo due giorni mi arriva una telefonata a casa e mi comunicarono che ero stato preso. Lui è una persona stupenda a differenza di ciò che dicono i giornali di gossip. Era molto cattolico, pensa che alle 6 a che stavamo stavamo lui mollava tutto perché doveva servire messa, e quando non poteva il prete della chiesa vicina gli portava la comunione in roulotte. Poi  ricordo che era sempre accompagnato anche sul set dalla moglie e dai suoi sette figli. Non so perché si sia comportato così negli ultimi tempi, da lui non mi sarei mai aspettato che tradisse la moglie per un’ altra donna, una giapponese e avesse con lei addirittura un figlio.

Cosa può dirci invece riguardo “Un posto al sole”?

“Per fortuna “Un posto al sole” mantiene aperto il centro di produzione. E’ stato un momento di grande crisi e dopo che hanno chiuso “La Squadra” temevamo il peggio, ma per fortuna questa produzione che costa poco e incassa tanta pubblicità è riuscita a rimanere in piedi.”

In che rapporti è col resto del cast?

“Io vado d’accordo praticamente con tutti, anche con i più giovani che mi considerano uno zio acquisito. Con Germano ho un rapporto speciale, quasi familiare; con Patrizio e Marzio ho avuto varie avventure lavorative e di vita che mi hanno portato ad affezionarmi molto a loro. In linea di massima, comunque, ci sono buoni rapporti con tutti e devo dire che molti di loro, come ad esempio Riccardo Polizzi, hanno un carattere opposto a quello che sono costretti a presentare in video. Tra poco arriviamo alla 3500esima puntata e per fortuna progettiamo di continuare ancora anche per ringraziare le migliaia di persone che ci seguono quotidianamente”.

La ringrazio tantissimo per il tempo che ci ha dedicato e le faccio i miei migliori auguri

“Grazie mille a voi e mi raccomando vi aspetto sul set di “Un posto al Sole”..”

Ci saremo!

Share This Post