La cultura uniformata; inattaccabile? Suddivisa; illusoria per rivoluzioni?

Dopo la lettura della lettera del Prof. Nicola Zambrano, pubblicata il 30 03 2114, inerente alla triste e drammatica realtà dei giovani costretti ad andare via dall’Italia, nel condividere tutto quanto espresso, porterei alla sua gentile attenzione un mio scritto di qualche anno fa, richiedendo qualche riflessione, e dello stesso Prof. Nicola Zambrano e di chi volesse approfondire il tema e, cioè:

La cultura uniformata; inattaccabile? Suddivisa; illusoria per rivoluzioni?

Dove c’è un evento culturale, anche quando mi è impossibile, essendo famelico del sapere, io sono presente! Poiché di natura ho la tendenza a essere un attento osservatore, nel notare una platea, intesa come sala, colma di gente mi domando: chissà, non conoscendoli tutti, quanti di questi astanti sono di tendenza politica di destra, di sinistra, centristi, estremisti e, chissà se tutti cristiani, cattolici, testimoni di Geova, protestanti e magari la presenza di musulmani, buddisti. Non importa! L’essenziale è vederli uniti, attenti, tutti con l’antenna del loro intelletto, protesa verso la parabola dell’encefalo sonoro

dell’oratore di turno per carpirne il messaggio. Che il mondo sia paralizzato in una profonda crisi dove le problematiche sono sempre più spinose da risolvere è una certezza demolitrice di qualsiasi opinione diversamente concorde e visto questa pietosa agonia verso la quale non s’intravedono specifici interventi, corre l’obbligo di un’oggettiva domanda, ossia: L’uomo puòe non vuole, o non può perché incapace? “Miracolo?” O sarà la cultura a tener testa a tutta la frammentarietà sociale? Ebbene sì! Ebbene sì ma,,, “purtroppo” .  Ebbene sì, perché la cultura con l’espressione letteraria d’interesse sociale, prima con mini dosi,  ma sempre profonda essenza della poesia, poi con dosi sempre più rincarate della più ampia e approfondita saggistica, mette in chiara luce il ribellarsi di tante coscienze verso un mondo sempre più ostile alla serenità del vivere. Forse ne saranno molto di più gli alieni di queste ostilità, magari non inclini allo scrivere ma ugualmente, credo, arrabbiati e indignati. Poi, il bel convegno giunge al termine, rituali saluti e via! Si esce, tutti fuori, ora c’è il “purtroppo”, ritorna la routine di sempre, l’unità culturale si scompone, ritorna la frammentazione, a ognuno la sua “originale” identità: politica, religiosa, del ceto sociale. Che brutto, che desolazione, che malinconia. Dico; una qualsiasi questione sociale, se discussa in quella sede dove primeggiava l’unità culturale, lontani da pregiudizi, con il prevalere del buon senso e con un unanime pensiero, sarebbe risolvibile in un batter d’occhi, contrariamente ai conflitti politici molto appassionati al termine “utopia”. Intanto l’osservare e il rimuginare rincalzano la dose e i miei bioritmi iniziano a ribollire sempre con più tenacia, tali da farmi porre ancora una domanda al mio già smarrito senso cognitivo dell’ottica etica sociale, non capisco un bel niente! In ciò che vedo, s’intende, non in ciò che penso. Allora domando: come mai l’entità culturale, quale assoluta nobiltà, rispetto a una sterile politica che di nobile non ha niente, è tristemente sottomessa dalla stessa politica? Eppure la politica senza cultura non potrebbe esistere. Perché or dunque la politica si serve della cultura ignorandone l’esistenza? Logicamente le risposte a tali interrogativi sono intuibili a chiunque abbia un minimo d’intelletto, quindi non hanno bisogno di alcun commento, è sufficiente dire: ipocrisia umana. E, i giovani, speranza delegata da tanto intellettualismo, torna congruo a essi tutta questa macelleria socio-politica? Non è che, con la loro più estesa, più lungimirante ed elastica intelligenza, i giovani siano più propensi a trattare le tante problematiche, le quali attanagliano sempre di più un’indifesa umanità, con “fare” culturale, dove possa prevalere una logica ben oggettiva, fatta d’imprenditorialità e non egemonie ideologiche? Di reale e coerente democrazia e non lobby e caste? Di etica sociale nel senso altruistico, con più giuste addizioni e divisioni e non sottrazioni e moltiplicazioni  di usurpatori di turno, celati in quel che vuol sembrare un’innocua democrazia? Dicevo: i giovani, la speranza dell’umanità, del futuro della civiltà, del progresso,,, con quale eredità? Nel caos di tanti poteri? O nel conformarsi in un’unità saggia culturale? Sarei proprio curioso di conoscere le riflessioni e le opinioni dei giovani nell’optare: 1) Continuare sulla scia dei propri predecessori, accettando un’eredità come minimo scellerata, sapendo già a priori un percorrere verso il nulla?  2) Unirsi tutti insiemi già nella fucina della cultura, ossia la scuola, dove, forti di un tessuto, spero, integralmente neutrale, possano essere eretti capisaldi, quali muri di gomma sempre pronti a respingere tutto ciò voglia falsamente conformarsi alla dignità umana?

 

 

Salvatore Sarti

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