Più di dodicimila nomi di bambini morti dal 7 ottobre 2023 ad oggi in Israele, quindici, e a Gaza, precisamente 12.221, ieri sono stati letti – senza distinzione tra israeliani e palestinesi – durante la veglia di preghiera, a partire dalle 15,00 a Marzabotto, in provincia di Bologna, per iniziativa dell’Arcivescovo, il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei, e dei monaci “dossettiani” della Piccola Famiglia dell’Annunziata. In verità, i dati Unicef parlano di 18mila minori uccisi, ma i dodicimila nominati sono quelli compresi nella fascia d’età dalla nascita ai dodici anni; gli altri 6000, non nominati, appartengono ad un’altra fascia, dai 13 ai 18 anni. Zuppi, che ha guidato la preghiera e la lettura dei nomi, ha dichiarato che l’evento, oltre ad essere un segno di speranza e un monito a far tacere le armi, per porre fine alla devastazione in atto a Gaza, è anche un modo, citando i nomi di ogni bambino, di onorarne la memoria e di “strapparlo all’anonimato”. “Nessuno è un numero” ha evidenziato “ogni persona ha un nome, la sua identità, tutti hanno pari dignità. Per la Terra Santa, come tra Russia e Ucraina, l’unica via davvero percorribile è mettersi attorno a un tavolo per giungere il prima possibile a un cessate il fuoco”.
Tale sottolineatura ha richiamato alla mia memoria un libro scritto da Gino Strada, “Una persona alla volta”, in cui, com’è scritto in quarta copertina, il chirurgo e fondatore di Emergency “racconta l’emozione e il dolore, la fatica e l’amore di una grande avventura di vita”, che lo ha portato a conoscere i conflitti – dal Pakistan all’Etiopia, dall’Algeria alla Libia, dalla Somalia alla Bosnia dall’Iraq all’Afghanistan … – dalla parte delle vittime devastate nel corpo dalle bombe, dalle mine antiuomo; bambini e bambine, in particolar modo, non numeri, ma volti spaventati, con occhi terrorizzati, membra insanguinate per ferite profonde. Uno per uno, appunto, Gino Strada li osservava, in atteggiamento empatico, mentre prestava loro assistenza e cura durante gli interventi chirurgici: non anonimi, ma bimbi con un nome, un cuore che batteva ancora, molto sofferenti in spasimi di dolore, giunti troppo tardi nel momento di esalare l’ultimo respiro volati via con la loro infanzia, privati di un futuro falcidiato brutalmente; altri ragazzi, non numeri, non anonimi, venivano salvati grazie allo strenuo impegno e alla perizia della sua equipe, ma quale vita fuori da quell’ambulatorio o presidio ospedaliero li attendeva? […] “La scena classica era la dimissione di un paziente amputato, magari a causa di una mina. Lui abbarbicato alle sue stampelle di legno e noi sulla porta a chiederci cosa ne sarebbe stato di lui senza più una gamba in un Paese distrutto. Si sarebbe abituato a quel corpo menomato? Avrebbe potuto continuare a guadagnarsi da vivere? In famiglia l’avrebbero accettato?
Citando, allora, il nome di ognuno degli oltre dodicimila bambini uccisi barbaramente, si è voluto restituire a ciascuno di essi il valore assoluto di persona: unica, speciale, inestimabile, preziosa, a cui chiedere scusa, per la quale pregare. Ripetiamolo fino a farci mordere la coscienza: non numeri, elementi impersonali di un lungo elenco, ma nomi di un bambino e una bambina alla volta, ognuno dei quali aveva desideri da realizzare, voglia di giocare, di ridere, di studiare, con passioni da coltivare, emozioni e sentimenti da esprimere in tutta la loro vitalità. Pronunciando ciascuno dei 12.000 nomi, è stato come ripetere per 12mila volte: “Non bisogna esportare le armi allo Stato d’Israele”; “Perché in ogni guerra il numero dei civili uccisi, in particolare dei bambini, è molto superiore a quello dei militari impegnati nelle operazioni belliche? E’ follia che in ogni guerra nove vittime su dieci siano civili: donne, anziani, bambini. Gridiamo con Strada: “La guerra è la negazione di ogni diritto”; lasciamoci contagiare dal coraggio profetico del Card. e Arcivescovo Metropolita di Napoli don Mimmo Battaglia che ha scritto: [… ] Il Vangelo – per chi crede e per chi non crede – è uno specchio impietoso: riflette ciò che è umano, denuncia ciò che è disumano. Se un progetto schiaccia l’innocente, è disumano. Se una legge non protegge il debole, è disumana. Se un profitto cresce sul dolore di chi non ha voce, è disumano. E se non volete farlo per Dio, fatelo almeno per quel poco di umano che ancora ci tiene in piedi. Quando i cieli si riempiono di missili, guardate i bambini che contano i buchi nel soffitto invece delle stelle. Guardate il soldato ventenne spedito a morire per uno slogan. Guardate i chirurghi che operano al buio in un ospedale sventrato. Il Vangelo non accetta i vostri comunicati “tecnici”. Scrosta ogni vernice di patria o interesse e ci lascia davanti all’unica realtà: carne ferita, vite spezzate. Non chiamate «danni collaterali» le madri che scavano tra le macerie. Non chiamate «interferenze strategiche» i ragazzi cui avete rubato il futuro. Non chiamate «operazioni speciali» i crateri lasciati dai droni. Togliete pure il nome di Dio se vi spaventa; chiamatelo coscienza, onestà, vergogna. Ma ascoltatelo: la guerra è l’unico affare in cui investiamo la nostra umanità per ricavarne cenere. Ogni proiettile è già previsto nei fogli di calcolo di chi guadagna sulle macerie. L’umano muore due volte: quando esplode la bomba e quando il suo valore viene tradotto in utile. Finché una bomba varrà più di un abbraccio, saremo smarriti. Finché le armi detteranno l’agenda, la pace sembrerà follia. Perciò, spegnete i cannoni. Fate tacere i titoli di borsa che crescono sul dolore. Restituite al silenzio l’alba di un giorno che non macchi di sangue le strade. Tutto il resto – confini, strategie, bandiere gonfiate dalla propaganda – è nebbia destinata a svanire. Rimarrà solo una domanda: «Ho salvato o ho ucciso l’umanità che mi era stata affidata?». Che la risposta non sia un’altra sirena nella notte.
Convertite i piani di battaglia in piani di semina, i discorsi di potenza in discorsi di cura. Sedete accanto alle madri che frugano tra le macerie per salvare un peluche: scoprirete che la strategia suprema è impedire a un bambino di perdere l’infanzia. Portate l’odore delle pietre bruciate nei vostri palazzi: impregni i tappeti, ricordi a ogni passo che nessuno si salva da solo e che l’unica rotta sicura è riportare ogni uomo a casa integro nel corpo e nel cuore. A noi, popolo che legge, spetta il dovere di non arrenderci. La pace germoglia in salotto – un divano che si allunga; in cucina – una pentola che raddoppia; in strada – una mano che si tende. Gesti umili, ostinati: “tu vali” sussurrato a chi il mondo scarta. Il seme di senape è minimo, ma diventa albero. Così il Vangelo: duro come pietra, tenero come il primo vagito. Chiede scelta netta: costruttori di vita o complici del male. Terze vie non esistono”.
Per l’evento della veglia di preghiera con lettura dei nomi dei bambini, è stata scelta la località di Marzabotto per fare memoria di un eccidio terribile, avvenuto precisamente a Monte Sole tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944 ad opera di reparti tedeschi appartenenti alla 16° SS-Panzergrenadier-Division “Reichsführer-SS”. Furono uccisi nei modi più brutali circa770 persone tra partigiani e civili, per la massima parte donne e bambini, nel quadro di un’operazione antipartigiana di “bonifica” del territorio immediatamente a ridosso della Linea Gotica
Antonio Botta