Il Municipio è l’albergo del libero scambio

Il 1968. Si cantava davanti le scuole. Al Mario Pagano, al Mercalli, al Cuoco, al Genovesi ed al Garibaldi; “Come immaginavate il mio futuro/giocando a palla, lì nel Sessantotto?/ In quel Michelle ma belle, in quel sicuro/sole dell’avvenire, in quel casotto/amoroso, in quel mondo rosso scuro/del quale, a questo punto, me ne fotto?”.

Erano le frasi dei giovani di quell’epoca. Molti, purtroppo, sono diventati sessantenni faccendieri, innocentissimi ladri che, in piena Tangentopoli, hanno assistito all’arresto degli onesti e dei disonesti, e al suicidio. Così molti di essi hanno riflettuto sul sogno comune passato e sul proprio presente di impuniti professionisti dell’imbroglio.

I sessantenni, con la barba, una moglie che tradisce e che lo tradisce, senza figli, benestante, e malvivente, pensa dunque al suo Paese (l’Italia, Milano, Napoli e Casoria) in versi. E riflette in rima sull’Italia, di cui Casoria, sembra strano ma ne fa parte, che fa le diete e la ciclette, corrompe e si fa corrompere mentre i frati penitenti minacciano ballando tutti in fila, un pantaclisma nel 2014.f

Tutti cambiano vita attorno a lui, il Paese indossa un’altra pelle, la politica diventa una rapsodia di volgarità, le uscite sono tutte percorribili e le porte spalancate ma tutte conducono dentro, in fondo allo stesso chiacchiericcio in musica che è l’Italia e, proprio in questo, Casoria è una degna espressione. E’ un albergo del libero scambio.

No bello, quest’altro un ribaltone/d’alleanza, lo giuro, è garantito,/cadrà l’amministrazione, la consultazione elettorale è un fatto stabilito./Ma, questa volta, ascoltami, coglione, vincerà “Il Pioppo”, nuovo non – partito./Se vuoi, se credi, se ci fai l’onore/t’eleggeremo nostro senatore”.

E così il sessantenne decide di cambiare vita, rinuncia a fare il progressista socialista e diventa democratico, e rinasce senza barba ma con la voglia di essere nessuno.

E passiamo ad un altro argomento: di chi fidarsi nella stampa italiana?

I cani sciolti, che stanno nei giornali di tutte le minestre ma che alle tendenze non sono mai asserviti. Spesso in disaccordo tra loro, a volte non comunicano l’uno con l’altro, non hanno la tessera del partito e nemmeno del sindacato, capita persino che si odino, perché l’Italia è disseminata di rancori, perché la storia più recente ha prodotto tonnellate di rottami.

Ma il lettore li riconosce, ha imparato a farlo, è impossibile sbagliarsi. I loro articoli infatti possono stare in prima pagina o in fondo al giornale, esposti o nascosti, esaltati o mimetizzati. Dovunque si trovino, c’è qualcosa tra le righe che li fa lampeggiare, luccicare, friggere.

In questi tempi che diventano ogni giorno più difficili, fra tanti stoppini bagnati che mai si accenderanno, quel luccichio non vi tradirà.

Sfogliate pure con pazienza, cari lettori, una piccola intermittenza del cuore vi avvertirà: è lì che stanno i vostri simili, i vostri fratelli di sangue.

 

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