‘A gattella, Pullecenella e Gabriella (racconto di Emilia Sensale)

‘i RACconti tornano’ di Emilia Sensale. Foto: angolo di Vico del Fico al Purgatorio, Napoli.

gattellapullecenellagabriella“Non ho mai visto la neve” confessò la piccola Sofia stringendo in maniera più forte le mani della sorella. La folla per il Centro Storico di Napoli era una caratteristica del periodo natalizio e alla bambina proprio non piaceva tutto quel chiasso, colori e suoni non la rendevano felice come accadeva ai suoi compagni di classe alle scuole elementari che tanto avevano insistito per fare una recita di Natale piena di canti e balli, ma nonostante i rumori aveva ben sentito di cosa chiacchieravano sua cugina e la zia. Il gruppo si era diviso a Piazza San Gaetano dopo aver superato miracolosamente l’affollata Via S. Gregorio Armeno, anche se non erano riusciti a godere pienamente dello spettacolo dei pastori e dei presepi a causa della folla che faceva muro davanti alle colorate meraviglie esposte dagli artigiani. Una parte della famiglia era più avanti, le tre donne erano rimaste dietro e zia e figlia chiacchieravano, stringendosi al collo le ampie e morbide sciarpe di lana color viola e commentando in merito all’allerta meteo e al grande freddo degli ultimi due giorni che aveva portato la neve addirittura ad Ercolano, a poche centinaia di metri dal mare. Era vero: nella sua città piena di smog e automobili non aveva mai visto la neve e il suo sogno era sempre fare un pupazzo sul balcone di casa.

Superarono il porticato e la Chiesa del Purgatorio ad Arco. Il freddo era sempre più pungente e le musiche classiche natalizie provenienti dai negozi di zona erano sempre più forti, come sempre più forte era l’odore del cibo da strada tipico del periodo. Un capannello di persone lanciavano gridolini dall’angolo del Vico Purgatorio ad Arco e le tre si avvicinarono incuriosite.

“Gabriella… guarda, un gatto!” urlò Sofia stringendo più forte la mano della cugina e indicando la bestiola con il braccio libero.

Gabriella provava emozioni contrastanti: l’angoscia di un brutto ricordo legato a un amore finito e la felicità di vedere quell’esemplare così dolce. Lei amava i gatti, ne aveva uno regalatole da un ragazzo che non c’era più, che l’aveva lasciata per un’altra.

“Bellella ‘a gattella eh?” chiese una signora stringendosi nel suo cappotto scuro. Gabriella annuì mentre alcuni bambini si accalcavano addosso a lei per poter dare uno sguardo. Guardò la piccola Sofia e la vide sorridente mentre osservava il gatto. Era rosso di pelo, appoggiato al basamento in pietra di una statua raffigurante Pulcinella proprio sotto l’insegna che indicava il nome della via.

“È femmina?” chiese Gabriella ma nessuno le rispose, la signora era andata via.

La zia chiese di andare via perché era tardi e Gabriella si fece spazio tra la folla, trascinando Sofia. Ebbe però un pensiero e lasciando andare la madre davanti decise di tornare indietro, prontamente seguita dalla piccola, e fu allora che vide un uomo anziano intendo ad appoggiare un piattino di plastica a terra per far mangiare la gatta. Gabriella immaginò che ne fosse il padrone o forse un semplice benefattore, ma non volle chiedere. Sorrise sotto la grande sciarpa viola stringendosela al collo mentre alcuni ricci castani dalle lucentezze ramate.

i-racconti-tornanoGabriella tornò più volte dalla gatta, ogni volta che poteva, raggiungeva la zona per l’università e si allungava per salutarla. Un giorno, la vide su una sedia del bar vicino e il vecchietto seduto con lei. Un caffè fumante si avvicinava alle labbra dell’anziano, vestito di bianco con un cappello con visiera lucido plastificato che sembrava tipico da divisa. Il vecchio alzò lo sguardo ingrigito e smuovendo i baffi bianchi per un sorriso a labbra distese chiese a Gabriella di sedersi con lui. La ragazza era interdetta, ferma davanti alla statua di Pulcinella, ma quando l’uomo la invitò nuovamente indicandole una delle sedie argentate nelle sue vicinanze si sedette. Fu allora che notò una spilla sulla giacca bianca del vecchietto, una specie di vaso con alcuni fiori che a prima vista sembrava in argento.

“La gatta è mia, si chiama Puffi. È una micia trovatella, ora sta bene in carne” spiegò l’anziano, come se avesse letto nel pensiero Gabriella.

Dal Vico Purgatorio ad Arco una signora passeggiava tenendo al guinzaglio un cane e tantissime persone passeggiavano nel Centro Storico di Napoli. Un’altra tazza di caffè fumante arrivò al tavolo, contraddistinto da chiacchiere e sorrisi, promesse di rivedersi in futuro e fugaci carezze alla gatta che col suo pelo vermiglio si avvicinava alla sedia della ragazza, regalandole una serenità che credeva perduta e che invece era rilucente.

Emilia Sensale

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