Eduardo Scarpetta al Teatro Sancarluccio

A sette anni dalla scomparsa improvvisa di Maro Scarpetta il Teatro Sancarluccio di Napoli, sito in via San Pasquale a Chiaia, rende omaggio all’attore teatrale e cinematografico con  ‘Don Anselmo Tartaglia’ tratto dalla commedia ‘O Scarfaliett’ del grande Eduardo Scarpetta, suo bisnonno.                                                                                   In scena dal 25 al 30 dicembre 2011, il 1 gennaio e dal 5 all’8 gennaio 2012 la farsa di Scarpetta viene rappresentata in modo davvero originale, utilizzando l’escamotage dei mimi per entrare nel cuore dello spettacolo e riportare alla luce il personaggio dell’avvocato balbuziente. La regia è di Roberto Capasso, che interpreta Pasquariello il portaceste, ed è il ‘narratore’, se così possiamo definirlo, il filo conduttore della commedia, colui che dà vita ai mimi che appaiono distesi ed esanimi a terra, avvolti da una luce quasi tetra nel camerino di un teatro con tanto di armadio e di costumi di scena. In una sorta di  preludio alla commedia Pasquariello porta in scena attraverso gli attori-mimi,

interpretati da Gino De Luca ( 1° pupo – Don Anselmo Tartaglia), Nino Bruno (2° Pupo – Errico), Francesco Luongo (3° Pupo – Nicola ) e Viviana Cangiano (4° Pupo – Dorotea Papocchia) piccoli estratti dal Romeo e Giulietta e dall’Otello di  Shakespeare. L’Otello viene rappresentato alla maniera di Antonio Petito, ‘Totonno ‘o pazzo’, celebre Pulcinella, che ‘riusciva anche ad essere tragico e fu tragico prima di morire’. L’attore infatti si spense a soli 54 anni per arresto cardiaco durante una rappresentazione teatrale.

 

Ma veniamo allo spettacolo che è stato di una straordinaria suggestione. Pasquariello dà inizio alla scena con Tartaglia portando in vita i mimi che si alzano e si preparano alla scena truccandosi e vestendosi. Lo spettatore può assistere ad un esempio di teatro nel teatro (o metateatro per gli addetti ai lavori) ed ascoltare tra una scena e l’altra il terzo tempo del concerto per pianoforte e orchestra in do magg. k 467 di Mozart. Gli attori si concedono a delle gag esilaranti e divertentissime, impossibile non ridere ed impossibile non carpirne il dramma. Prima di invitare il lettore alle ultime date in programmazione a gennaio, è d’obbligo riportare le parole dell’attore regista Roberto Capasso in merito alla scelta artistica del ‘Don Anselmo Tartaglia’: ‘ …portare in scena una farsa di Eduardo Scarpetta non è certo un’operazione insolita, nel panorama teatrale napoletano. Ricordare un grande autore ed anche dei grandi interpreti, in primis l’indimenticabile Mario Scarpetta, a cui è dedicato questo spettacolo, è già invece un compito di più gravoso impegno. Trovare la strada giusta per non essere consueti ma allo stesso tempo rispettosi di una tradizione ricca di arte non è cosa facile. Studiando la storia degli artisti che hanno caratterizzato il teatro napoletano popolare prima dell’avvento di quello borghese, ci si accorge di come le figure di questi grandi autori ed attori si siano spesso incrociate e confuse a quelle dei personaggi dei loro creazione: le vite di Antonio Petito ed Eduardo Scarpetta, ad  esempio, si sovrappongono a volte con le storie di Pulcinella e di Felice, e perché no di Don Anselmo Tartaglia, in una sorta di teatro della vita o vita nel teatro. Da questo punto si è partiti per raccontare, in maniera del tutto personale, la nascita ed anche, in un certo senso, l’apparente morte del teatro popolare a cavallo tra il diciannovesimo ed il ventesimo secolo, che ebbe prima in Petito e poi in Scarpetta i suoi più grandi esponenti. Un’impresa ardua e pericolosa che non intende tradire la memoria né vuole presuntuosamente imporre uno stravolgimento totale, ma risalire alle origini mediando con quelli che sono i grandi riferimenti di questo teatro, ma anche ricordando la lezione di Pasolini, o le fascinazioni del teatro d’avanspettacolo. Quale modo migliore per  raccontare tutto ciò se non utilizzando un teatro che non c’è più, come il teatro dei pupi? Introdotti da un antico portaceste, figura anch’essa appartenente ad un passato artistico dimenticato, i pupi affollano la scena, muoiono e risorgono grazie all’evocazione delle parole di Petito (il portaceste) e quindi di Scarpetta (Don Anselmo Tartaglia personaggio considerato minore nella drammaturgia scarpettiana), e dei loro attori,e delle loro gags. Ma quando le luci si spengono ecco che resta solo la speranza di una poesia, di una musica, a tenerli vivi, attraverso i versi del più antiborghese dei poeti del novecento, Pierpaolo Pasolini, che con la sua vita e le sue opere ci ha riportati in un mondo fatto di astrazione e colta poetica popolare.

di Daniela Abbate

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