…e a Marcianise la sagra continua

A San Martino ogni mosto diventa vino….

L’11 novembre ricorre la cosiddetta ‘Estate di San Martino ’, festa sentita nel mondo rurale, dove i contadini salutano gli ultimi sprazzi di tepore prima dell’arrivo dell’inverno. Quest’anno la giornata di San Martino è stata davvero calda e soleggiata, ideale per passeggiate, sagre e feste di piazza. E perché non partecipare ad una sagra del vino, in cui il gusto e la storia  di una piccola città vengono riscoperti e condivisi da gente che si riversa da altre cittadine limitrofe?

Ebbene, questa cittadina esiste e non sarà sicuramente la sola ad essere sensibile al richiamo delle tradizioni e degli antichi sapori! Il 10 e l’11 novembre scorsi la città di Marcianise, nella provincia di Caserta, tra l’altro a pochi km dalla nostra Casoria, ha rinnovato l’appuntamento con ‘L’estate di San Martino ’, il festival del vino, arti, sapori

e tradizioni, giunto ormai alla sua XI edizione. Nato da un progetto dell’associazione culturale ‘Majeutica’ di Marcianise, sita in una delle stradine dove anche quest’anno ha avuto luogo la festa, l’evento raccoglie sempre più consensi. Dalla sua nascita ad oggi ne hanno fatta di strada i giovani organizzatori. La location si limitava alla sola stradina ad U del centro storico, in cui si facevano degustazioni di vini in itinere ed i visitatori non erano tantissimi. Adesso, invece, quasi non si riesce a contenere la fiumana di gente che si riversa nelle vinelle: il quartiere del centro storico, le traverse di via Santoro. L’edizione del 2012 ha vantato la presenza di stand di iniziative e petizioni, oltre a quelle di associazioni ambientaliste, di artisti di strada, giocolieri su trampoli, sputafuoco, saltimbanchi, tutto avvolto da ritmi e danze popolari come tarantella e tammuriata che risuonavano lungo tutto il percorso. Per non parlare della pusteggia napoletana, delle mostre d’arte, della mostra fotografica in 3D, del face-painting e delle degustazioni di grappe e sigaro toscano. Ampio spazio è stato dato alla sagra in senso stretto, quindi alla formula che consente di pagare alla cassa e prendere ciò che si vuole. E dunque i visitatori che percorrevano le vinelle, colorate da guide di feltro rosso, s’inebriavano di vino e dei profumi di piatti caldi di ‘pettule e fasule’, pur senza disdegnare ‘o per’ e ‘o muss’ della tripperia marcianisana e le pietanze delle varie ‘hostariae’.

 

Per gli amanti di un clima più raccolto e chic l’ingresso al club ‘Majeutica’ per la degustazione guidata dei sommelier di vini delle note cantine Moio, assaggi dei piatti dello chef, e mostra fotografica ‘still life’.

Insomma, un successone! Avremmo mai immaginato che una cittadina del casertano con pochi abitanti potesse offrire tanto? Questo è il risultato di buone idee, senso di appartenenza alla propria terra e voglia di cambiare. E Casoria? Che cosa può offrire?

Abbiamo già ampiamente discusso del patrimonio storico-artistico della nostra città, al punto tale da poter fantasticare sulla realizzazione di un turismo religioso. Perché non unire quest’aspetto con quello delle nostre radici enogastronomiche? Potremmo trarre spunto dalla festa patronale e realizzare una bella sagra della lasagna, perché no? E poi un bel percorso turistico che partendo dalla Basilica Pontificia di San Mauro, alla scoperta delle sue ricchezze sotterranee, possa terminare nelle stanze di Madre Giulia, nella Chiesa del Sacro Cuore, toccando la sfarzosa Chiesa del Carmine, la gotica Chiesa del Santissimo Sacramento e la piccola cella di Suor Maria Cristina Brando, per poi continuare con la dimora di Padre Ludovico e la Chiesa di Santa Maria delle Grazie alla volta di San Benedetto e del guerriero Jacopo Torello da Fano, facendo una visitina al palazzo dei Conti Rocco di Torrepadula.

Sarebbe un enorme passo da gigante in confronto alla solita festa patronale, sentita sempre meno dai casoriani, se non fosse per quei pochi devoti, ancora legati al culto della Messa delle tre di notte, alla benedizione dei cavalli e alla devozione al Santo. Perché accontentarsi delle usuali manifestazioni al Palacasoria o di ‘Casoria in Vetrina’ e di tutte le kermesse ospitate dalla Villa Comunale?

Attivare iniziative del genere in una città dotata di un substrato religioso fortemente radicato, ma priva del legame con le proprie radici e con la propria identità storica, contribuirebbe alla sensibilizzazione delle masse, le quali, sebbene sorde e cieche nei confronti di ogni forma d’arte e di cultura, non resterebbero indifferenti ai piaceri del palato.

 

 

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