CRONACA DI UN GIORNO SPECIALE

CRONACA DI UN GIORNO SPECIALE

Elena Marotta

“Il 27 Maggio a Casoria vi sarà la premiazione del XV Concorso Letterario “Teresina Iorio” e l’assegnazione delle borse di studio “CAR.IO s.r.l. organizzato dalla Fondazione “Giovanni Iodice Muntagniello” giunta alla XX edizione.“Mi piacerebbe potervi annoverare tra gli ospiti”.

“La ringrazio per il cortese invito che ovviamente accetto con immensa gioia”.

Così il 9 Maggio dell’anno 2014 cominciava a delinearsi, prendendo sempre più forma, un giorno che, son certa, non dimenticherò tanto facilmente.Ero stata invitata dal Patron della manifestazione, l’Ing. Pasquale Iodice, a recarmi nel luogo in cui la stessa si sarebbe svolta, onde assistere alle commissioni. Mi presentai timidamente a un gruppo di persone che non conoscevo, ma che subito mi accolse con calore, facendomi sentire parte del gruppo. In particolare, mi colpì la frase con cui mi accolse un signore che era seduto in posizione diametralmente opposta a quella in cui avrei preso posto io. Difatti, quando fui presentata come la vincitrice di un Concorso Letterario di Casoria tenutosi all’inizio dello stesso mese, quello che scoprii poi essere il Prof. Francesco Palladino, mi accolse dicendomi onorato della mia presenza. Dopo la breve parentesi attinente la mia incursione, ripresero le letture a valutazioni delle opere e nuovamente fui stupita; già dalla prima opera che ascoltai fui rapita dalle parole che un bimbo di soli nove anni aveva vergato  su un foglio protocollo. Nonostante la giovane età, il tratto non tradiva nessuna indecisione, anzi al contrario era scorrevole, sicuro, come certi erano i concetti impressi con inchiostro sul foglio. Un compito dopo l’altro, un’opera dopo l’altra, continuava a rapirmi e a sortire lo stesso effetto. Alla mia ennesima esclamazione di approvazione, l’insegnante che era seduta alla mia destra, la Prof.ssa Fierro, mi svelò in poche parole quello che io non riuscivo a comprendere. Rivolgendosi a me disse: “Non solo scrivono della povertà (tema del concorso letterario, n.d.r.), loro la vivono.

Ecco perché  quelle parole giungevano così forte al mio cuore, perché semplicemente non erano parole o meglio non solo. Erano esperienza, speranza, voglia di lottare, voglia di cambiare il mondo. I miei occhi incrociarono quelli della Professoressa e nei suoi occhi vidi la mia stessa emozione. Terminata la lettura di tutte le opere premiate, l’appuntamento fu rinnovato, con la richiesta di rispettare la massima puntualità, alle 16,00. Il sole caldo la bella stagione, invitavano a una rapida gita a Napoli, dove lo sguardo si perse verso l’orizzonte, scivolando su un mare limpido e azzurro. Quando rientrai, noniostant5e fossi in largo anticipo sull’orario stabilito, notai la sala gremita di insegnanti alunni, genitori. La nota vivace era data dai bimbi e dai ragazzi che, indossata una maglietta arancione a mò di divisa, facevano parte del servizio d’ordine e svolgevano quel compito con gran serietà nonostante la loro giovane età.

La manifestazione cominciò con l’esibizione dei vari istituti: ognuno di loro, ispirandosi al tema del concorso letterario, la povertà, portava in scena balli e scenografie. Dalla danza classica all’hip hop, alla ginnastica artistica , vi era un tripudio di ragazzini e ragazzine che davano vita  alle figure studiate e ideate dai propri insegnanti. Giunti che fummo nel pieno della manifestazione, fui invitata con le autorità sul palco per premiare i vincitori con coppe, targhe, medaglie, dizionari della lingua italiana e borse di studio. La felicità traspariva dai loro occhi, come da quelli dei loro genitori.

Ormai la manifestazione giungeva al termine, quando venne distribuito un numero imprecisato di bandiere dell’Italia e preceduto dalla frase: “Sono orgoglioso di essere italiano e di essere napoletano”, venne intonato l’Inno d’Italia o meglio il Canto Degli Italiani, se si vuole utilizzare il nome che gli fu dato da Mameli. Tutti si alzarono in piedi e sventolando il tricolore cantarono le parole del Poeta genovese accompagnate dalla musica di Novaro. Ero felice: in un mondo arido, senza valori, senza passioni, nel più completo degrado e allo sbando in ogni settore della vita, dalla politica alla vita familiare, io al Sud, a Napoli, in un giorno di fine maggio, avevo avuto la fortuna di ritrovare gente viva, ragazzi ben educati, docenti veri di quelli che vivono la scuola come una missione e che da adulto ricorderai con nostalgia, gente semplice che riesce a godere delle piccole cose in cui poi è la vera felicità, gente che prende tutto con serietà, sia che si tratti di una rappresentazione teatrale sia che si tratti della vita stessa, gente ancora orgogliosa come me di essere italiana e ch anche durante un concorso letterario canta l’Inno, il nostro Inno, gente che si emoziona, che gioisce, gente che è vera. Eravamo quasi ai saluti quando noi donne venimmo omaggiate di una meravigliosa rosa: un altro bellissimo gesto che oggi va scomparendo sacrificato sull’altare dell’uguaglianza indiscriminata tra uomo e donna. Ora che sono tornata a casa, rimiro la targa che mi è stata donata durante quell’evento e tramite questa breve cronaca anche ora ho rivissuto quei momenti.

Non so se chi leggerà  potrà anche solo immaginare quello che io ho vissuto e provato, ma è ciò che mi auguro. Nell’incontro con l’altro, ci si arricchisce sempre così come è successo a me pochi giorni fa, quando ho visto un posto nuovo che spero di rivedere presto e quando ho conosciuto gente sconosciuta che spero di rincontrare presto e che sconosciuta a me non lo è più.

 

 

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