Convegno commemorativo della piccola Simonetta Lamberti, uccisa in un agguato camorristico 41 anni fa
L’incontro – dibattito, svoltosi il 29 maggio scorso a Cava de Tirreni in memoria di Simonetta Lamberti, uccisa il 29 /05/ 1982 all’età di 11 anni, in un agguato camorristico eseguito per ammazzare il padre magistrato, Alfonso Lamberti, ha colmato l’animo dei convenuti di profonda commozione. Di alto valore etico e sociale, infatti, il messaggio lanciato dalla madre di Simonetta, prof.ssa Angela Procaccini, poetessa, scrittrice e attualmente Dirigente scolastica dello storico Istituto napoletano “Bianchi”. Nel corso del suo seguitissimo intervento, lei ha pronunciato parole intrise di speranza, ricche di sapienza umana e divina, destando nei numerosi partecipanti, convenuti nel Complesso Monumentale di San Giovanni, sentimenti nobili, pensieri luminosi ed elevati.
La morte di un figlio stravolge la vita dei genitori, ancor di più se è causata da un atto di violenza atroce, disumano; eppure, il dolore, pur devastante, inaccettabile, sconvolgente, è stato trasformato, nel corso del tempo, dalla prof.ssa Procaccini, grazie anche al “nucleo caldo” della sua famiglia, in opportunità di bene, impegno solidale, in prossimità accogliente e sostegno a favore, in particolar modo, dei ragazzi a rischio. Ed è così che la scomparsa di Simonetta, da “abisso si è trasformato in un vuoto da colmare”. “Il verbo più umano” ha sottolineato la madre di Simonetta “non è morire, ma far nascere”. La ferita sanguinante, quindi, è diventata, poco alla volta, feritoia di luce per chi vive nel buio della deprivazione affettiva e della solitudine. “In tutto il mio percorso” ha rimarcato davanti a un pubblico composto anche da ex compagni e compagne di classe di prima media frequentata dalla figlioletta, “se c’è una parola chiave, la più raggiante, la più dolente, è la parola Amore, con la A maiuscola, unità di misura di tutte le cose, di quelle che sono, di quelle che non sono, di quelle che non sono più e di quelle che saranno per sempre. Così il mio dolore da rassegnazione diventa contemplazione, con tutta la consapevolezza di una presenza più grande, non più presenza fisica, ma eterea, evanescente, costante, come un profumo di fiore, il profumo di gelsomino, il fiore che lei amava tanto. Ed ecco perché io a voi dico: “Ciao Simonetta, sento il profumo di gelsomino”.
Ha scritto Marcel Proust che “il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”: questa Donna e Madre ha la forza di volgere sulla realtà non uno sguardo torvo, rancoroso o rassegnato al male, ma, al contrario, di infinito Amore, di grande tenerezza, di partecipe compassione scorgendo la presenza, il profumo, l’anima casta di Simonetta in tutto ciò che la vita offre di bello, di vero, di buono, di delicato e di misericordioso. Ha ricordato, su una domanda rivoltale dalla moderatrice Leonarda Scrocco, Presidente di UCID Cava-Costa d’Amalfi, che alla fine dell’udienza svoltasi circa 7 mesi fa nel tribunale di Salerno, il camorrista Pignataro ha chiesto di avvicinarsi a lei per chiederle perdono. “Mi stava vicino don Ciotti, giunto da Torino per sostenermi, e mi ha chiesto se ero disponibile. “Certo”, gli ho risposto. “Se il perdono può servire a lui per ricongiungersi con se stesso, con la sua coscienza, perché non farlo”? Non ho nessun problema. Questo signore, quindi, è uscito dalla gabbia, in cui era rinchiuso, e dove era stato sempre con la testa abbassata, mi si è avvicinato con un biglietto in mano, ma non riusciva a leggere e parlava con enorme difficoltà, mostrandosi molto impacciato. Allora gli ho detto: “Non ti preoccupare, se vuoi che io ti perdoni, io ti ho già perdonato. A me non succede niente, a te, forse fa bene. Lui mi si è inginocchiato davanti, mi ha stretto a sé e poi si è sciolto in un pianto. E’ stato molto drammatico”. La prof.ssa Procaccini ha, poi, concluso con quest’altra “perla” donata al cuore dei partecipanti al commemorativo evento organizzato dall’associazione Panacea Mediterranea presieduta dal fotogiornalista Alessandro Memoli: “Ricordo la frase di una pianista tedesca ebrea, che venne mutilata delle mani durante le persecuzioni razziali. Lei perdonò i suoi aguzzini dicendo: “Anche i carnefici hanno un’anima”.
Ecco, è nell’Amore elargito abbondantemente da Angela Procaccini, che la figlia Simonetta, continua, in particolar modo, a vivere; un Amore inteso quale energia esistenziale, che rende capace di impegnarsi per il perdono, non come vago buonismo, ma come tensione a ricominciare anche nei giorni bui, a riannodare legami recisi da atti violenti; un Amore per la vita, schierandosi dalla parte di chi subisce un destino avverso fin da piccolo, di chi è inchiodato in croce senza che nessuno lo liberi; un Amore che crea un relazionalità di cura, di prossimità accogliente, anche attraverso iniziative di formazione, come quelle realizzate nell’istituto minorile di Nisida, e mediante la cultura, con la pubblicazione di poesie e racconti; un Amore che porta a superare la logica fatalistica, che genera indifferenza e acquiescenza al male, attivando segni di riscatto; un Amore, infine, che porta a donare con pura gratuità, a ricordare le vittime delle mafie per agire nella giustizia e nella legalità rispettosa di tutti i diritti.
“Ciao, sono Simona, una nuvola che si perde nel cielo”: questa frase scritta dalla stessa figlia della Dirigente Procaccini,qualche giorno prima della sua morte, sul diario di una cara compagna di classe, è stata scelta come titolo del convegno, in cui hanno partecipato, in qualità di relatori l’avvocato Marco Salerno, l’avvocato Pasquale Zambrano, dell’associazione dei Briganti dell’Orco e il giornalista Stefano Pignataro; Annamaria Torre, referente Libera Salerno, ha fornito il suo contributo per la realizzazione dell’Evento, ma, per un imprevisto non ha potuto presenziare. Tra il pubblico anche il sindaco di Cava, dott. Vincenzo Servalli. L’associazione Panacea è grata al Comune per il suo patrocinio.
Ciao, Simonetta: quale nuvola che viaggia nel cielo, continua a riversare l’acqua limpida nei nostri cuori assetati di bene.
Antonio Botta