Il cappotto viola (racconto di Emilia Sensale)

‘i RACconti tornano’ di Emilia Sensale. Foto di Emilia Sensale scattata a Napoli.

Il cielo appariva come una distesa infinita di perle. Il letto di stelle di alcuni giorni prima durante la notte sembrava coperto da una coltre rosa, al mattino un talamo grigio non permetteva al sole di illuminare gli antichi palazzi del quartiere. La città era coperta dalle nuvole e le previsioni affermavano che la pioggia era imminente.

Il cappotto viola della ragazza seduta sulla panchina spiccava particolarmente in quell’atmosfera bigia.

Il verde delle piante presente in quella piccola piazza di fronte all’entrata dell’ospedale si era arreso da tempo prima all’arrivo dell’autunno e poi all’impuntarsi dell’inverno, ma i giorni più caldi e dal clima gradevole dell’ultima settimana regalavano in sogno la futura primavera. Anche l’asfalto era grigio e i fiori che erano a terra, caduti da non si sa dove, spiccavano coi loro petali dai colori sgargianti. Nello spiazzo le panchine erano sei, disposte a rettangolo: due di fronte ad altre due, una e una agli altri due lati opposti. Erano panchine di legno in età avanzata, malandate. Dei muretti bassi in mattoni facevano da cornice alle poche piante lì presenti.

La ragazza era magra e indossava degli spessi occhiali grandi e rotondi. I suoi capelli erano un insieme dei cosiddetti rasta, erano tanti e lunghi, castani con striature color miele, raggruppati per la maggior parte con una sorta di chignon, due o tre invece le cadevano lungo il corpo sul davanti. Il suo vistoso cappotto viola era abbottonato fino al collo e aperto sulle gambe, che accavallate mostravano pantaloni neri e stivali marroni. Aveva un neo sulle guance ben visibile e delle labbra sottili evidenziate da un rossetto rosso scuro. Aveva in mano un grande taccuino dalle pagine giallastre e una matita: stava realizzando in diretta il ritratto dell’uomo che era seduto sulla panchina di fronte.

– Signorina, che ore sono? – le chiese una donna di passaggio, con un bambino nella carrozzina. La ragazza col cappotto viola controllò il grande orologio che aveva al polso e rispose, non nascondendo nella voce e nell’espressione del volto una certa scocciatura. Voleva tornare al suo disegno ed era così concentrata che non si accorgeva di ciò che le accadeva attorno, prestava attenzione solo al volto dell’anziano che aveva appoggiato le borse della spesa sullo spazio presente sulla panchina. La signora ringraziò e continuò a camminare mentre la giovane si dedicò nuovamente al ritratto.

A un’altra panchina si erano seduti due ragazzi: una donna dalla pelle scura con dei lunghi capelli ricci e un giovane molto magro e con gli occhiali. Avevano con sé una sorta di cartoccio che la ragazza aveva appoggiato sulle gambe.

 – Si dovrebbe mangiare calda, ma vedrai sarà buona lo stesso – disse la ragazza, sorridendo timidamente al giovane. I suoi denti bianchi e perfetti spiccavano con la pelle nera del viso e i suoi occhi si illuminarono.

I movimenti della matita erano rapidi e in poco tempo il viso dell’anziano era sulla pagina giallatra, ricco di particolari e sfumature. Le luci e le ombre delle rughe evidenziavano la sua espressione serena, di riposo dopo una mattinata probabilmente trascorsa al supermercato come suggerivano le buste della spesa appoggiate alla sua destra sulla panchina. La ragazza col cappotto viola era soddisfatta, sorrise. Controllò l’orologio e si rese conto che era l’ora di andare via, sistemò le sue cose in borsa e si incamminò. Passò davanti ai due ragazzi che si guardavano timidamente e si sorridevano senza parlare più di tanto.

 – Che bel cappotto! – commentò a bassa voce la donna vedendo passare la ragazza. Si rivolse poi al giovane: – Sai, a me piace molto il viola… -.

 – Buono a sapersi. Che ne dici, mangiamo? Abbiamo solo un’ora di pausa e mi piacerebbe dopo fare una passeggiata con te… –

La donna rise e aprì il cartoccio che aveva sulle gambe, dal quale cacciò un grande panino che aveva all’interno una frittata ripiena di mozzarella e prosciutto. Afferrò un tovagliolo, divise in due il panino e sorridendo porse una parte al ragazzo, che prese il cibo con le mani tremanti.

Mangiarono il panino con la frittata lentatemente, sorridendosi ogni tanto e chiacchierando un po’. Avevano organizzato in mattinata quella pausa pranzo improvvisata, l’invito a mangiare una pizza del ragazzo era stato accolto con entusiasmo da lei che propose di rimandare poiché aveva portato da casa un panino. L’idea di dividerlo così da trascorrere comunque quel breve tempo insieme è venuta proprio a lei.

La donna aveva quasi finito il suo panino, che teneva nella mano sinistra. La destra era appoggiata sulla panchina e dopo poco il ragazzo gliela afferrò, tremando per l’emozione. La giovane sentì una fitta allo stomaco, non aveva più fame. Sorrise.

L’anziano si alzò, prese le sue buste della spesa e se ne andò. Erano rimasti solo i ragazzi e si guardavano stringendosi la mano. Di lì a poco sarebbero tornati nel negozio dove lavoravano come commessi e dove si erano conosciuti, lì dove per un gioco di sguardi era nato un nuovo sentimento.

A poca distanza c’era una ragazza con un vistoso cappotto viola appoggiata a un portone, matita e taccuino alla mano. Pazienza per gli impegni non rispettati, avrebbe fatto tardi ma aveva qualcosa di più importante da fare: disegnare una coppia che si stringeva la mano su una panchina, un nuovo amore che stava nascendo.

Emilia Sensale

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