Caporal Maggiore Salvatore Parlato: “Una missione che ricorderò per tutta la mia vita!”

Ho pensato di proporVi un’ intervista non rivolta ai soliti Consiglieri Comunali, ma alla prima missione in Afghanistan svolta dal militare Salvatore Parlato, oggi 27enne, nativo di Vico Equense. Tutto questo per  sottolineare di come, in altri paesi del mondo, vi è una realtà completamente diversa dalla nostra e a volte, come in questo caso, anche terribile, dove ogni giorno si vive in bilico tra la vita e la morte. Quindi, anche se Casoria in certi casi non è la città dove tanto desideriamo vivere o lavorare, leggendo queste righe, riteniamoci fortunati per quello che abbiamo, piuttosto che lamentarci sempre!

EccoVi, dunque, l’intervista.

1)Qual è stato il tuo stato d’animo prima della partenza?
Non è facile descrivere i momenti, i pensieri, le emozioni che si provano prima di partire per una missione in Afghanistan. Ognuno di noi reagisce in maniera diversa, e avverte, allo stesso tempo, sensazioni diverse. Sicuramente il mio è stato uno stato d’animo particolare, un misto tra ansia e paura, provando

anche una forte dose di adrenalina, trasmessa già di suo  proprio dal lavoro stesso che svolgo, di cui ne vado fiero, di servire cioè il mio Paese e di aiutare chi ne ha più bisogno. Diciamo anche che prima di mettere
piede sul territorio afghano non avevo ancora realizzato realmente dove stessi andando e dove avrei passato i prossimi sei mesi: ero preoccupato, pensavo che quel tempo non sarebbe passato mai…e invece  è stato proprio grazie ai colleghi e soprattutto alle persone che amo, che tanto mi hanno sostenuto, che sono riuscito sempre ad avere, ogni giorno, la forza per continuare nella mia missione ed è sembrato, alla fine, che quei sei mesi siano volati! Ad oggi posso solo dire che è stata un’esperienza unica che mi ha lasciato un grande bagaglio di esperienza.

 

2)Quali sono i ricordi della tua prima missione?
Ricordi? Beh ce ne sono tanti. Uno su tutti è l’aver visto una realtà totalmente diversa dalla nostra. Bastava girare per i villaggi che circondavano il centro della città di Herat per capire che non esisteva un vero
e proprio stile di vita: le donne coperte da un lungo burqa dal quale a stento si intravedevano le caviglie, gli uomini con lunghe barbe incolte…ma la cosa che più mi ha colpito erano i bambini. Loro sì che sono piccole anime innocenti, derubati del dono più bello, quello del gioco, essendo costretti a lavorare sin da piccoli. Ricordo che, quando siamo stati via dalla base per due giorni, passando per i villaggi venivamo assaliti da tanti bambini che, mentre ci salutavano, ci chiedevano qualcosa da mangiare, e lo facevano mostrandoti quei sorrisi, facendoti  capire, contemporaneamente, di quanto siamo fortunati! In fondo, era anche questo il nostro lavoro: cercare di regalare un sorriso e cercare di dare un futuro a questa povera gente che si
trova ormai da troppo tempo in un conflitto che forse mai avrà fine. Posso solo dire, dunque, ancora una volta, che sono fiero di aver dato il mio contributo per poter cercare di dare un volto diverso all’Afghanistan. E’ questo il ricordo più bello, un ricordo che porterò dentro di me per tutta la vita.

3)Ci sono circa 4000 soldati italiani in Afghanistan, fra Kabul e la provincia di Farah, ed entro la fine del 2014 si dice che la maggior parte di loro lascerà il Paese. Secondo te, come potrà finire questo conflitto “senza pace”?
Sono tanti i soldati che ancora oggi operano in Afghanistan, e non solo italiani. Penso comunque che, anche se nel 2014 lasceranno il Paese, non penso che questo conflitto possa mai avere fine. Basti pensare ai 41 soldati italiani che dall’inizio della missione hanno perso la vita, e probabilmente non saranno gli ultimi. L’Afghanistan è un territorio ostile e molto pericoloso, ma l’Italia fa parte di una coalizione, e fino a quando gli Stati Uniti d’America e le altre forze continueranno la loro missione, l’Italia ha l’obbligo di continuare il suo impegno come membro della NATO. In conclusione spero che questo conflitto, nonostante tutto, finisca presto e che non ci siano più vittime, né italiane né straniere, e che l’Afghanistan ritrovi quella pace e quella serenità di cui ha fortemente bisogno.

Parole forti e anche belle quelle del nostro Caporal Maggiore Salvatore. Riflettiamo quindi e rendiamoci davvero conto che sono le piccole cose della vita quelle che contano davvero, proprio come per quei bambini, lì, in Afghanistan, ai quali sarebbero bastate solo un paio di caramelle o semplicemente un sorriso per essere felici!

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