Altro colpo di mannaia per la Scuola

Ultimo colpo di coda, ultima serrata nel mondo della scuola. Mentre i ragazzi si godono le loro vacanze, per molti docenti la valigia è pronta. 20.000 insegnanti e 15.000 ATA non riprenderanno servizio a settembre. Classi pollaio e contrazioni di organico genereranno un super affollamento di studenti per classe, con il risultato che gli edifici scolastici, anche di ultima generazione, non rispetteranno più i parametri di sicurezza rispetto alla normativa europea. Il tutto si consuma nel più grande dei paradossi: il Documento di Programmazione Economico-Finanziaria non prevede un solo uro per l’Edilizia Scolastica.

Il Decreto Sviluppo, all’art. 9, modifica quanto il dlvo 368/01 applicava, rispetto alla direttiva comunitaria sui tempi determinati, ossia la stabilizzazione dei contratti, dopo 36 mesi di servizio. E mentre saltano 240 mila contratti per i precari nella pubblica amministrazione ed oltre 200.000 nel mondo della scuola, Valentina Aprea, presidente della Commissione Cultura della Camera, rilancia le assunzioni dirette da parte delle scuole. Manca l’impegno a quantificare l’annunciato piano pluriennale di immissioni in ruolo. Le assunzioni saranno al di sotto della copertura dei posti vacanti e delle disponibilità del turnover, ma nel frattempo si stanziano 10 milioni di euro solo per il 2011, per l’istituzione della fondazione per il merito. Per guardarci in casa, la Campania assisterà a 7.000 tagli e, da settembre, si troverà con oltre 2000 docenti in meno. Nella scuola primaria il taglio ammonta a circa 1000 posti e nella superiore di secondo grado ad oltre i mille. La scure del Ministero ancora una volta si abbatte sulla scuola, su quell’istituzione da cui far partire formazione e cultura, in una sola parola lo Sviluppo. Tagliare sulla Società della Conoscenza significa privare l’Italia di un capitale umano determinante per le sorti di un Paese. Ancora una volta il modus operandi del Governo ci restituisce una visione arretrata di sviluppo. Caro Ministro Brunetta “Questa è l’Italia peggiore, non certo quella dei precari”.

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