“A mio fratello”, la lettera per Stefano Ciaramella

Stefano Ciaramella ucciso in una rapina il 2 settembre 2001 a Casoria .
Erano 4 ragazzi di cui due minorenni.
Avevano preso il motorino, il telefonino e altri oggetti. Stefano era con la sua fidanzatina e non aveva reagito con tanto che uno dei quattro non ha importunato Diana, la ragazza, anche lei 16 anni. A quel punto Stefano ha reagito e allontanato il malintenzionato, così un’altro della banda gli è andato contro colpendolo al cuore con un coltello e poi sono scappati.
A nulla è servito il soccorso di un abitante della zona che ha sentito le urla e lo ha trasportato in ospedale.

Sua sorella Antonella ha scritto una lettera per le scuole che ospitiamo volentieri:

“L’ultima volta che ti ho visto stavi giocando a pallone in un campo improvvisato, alla masseria, la casa di campagna dei nonni. Il giorno prima ti avevo messo per la prima volta la cravatta per il matrimonio di Salvatore (nostro fratello di 5 anni più grande di te) e mi ero emozionata a vederti così bello nell’abito elegante e così cresciuto nel tuo metro e ottanta di altezza e di fresca energia! Sembravi un uomo vestito così, ma eri ancora il mio fratellino, ancora il bambino di 16 anni che aveva bisogno di me perché il nodo alla cravatta non lo sapevi fare e cercavi me ogni volta che dovevi imparare una cosa nuova. Per colpa mia, sempre in ritardo sulla tabella di marcia di qualsiasi cosa, siamo stati gli ultimi ad essere pronti. Poi la chiesa, la festa e il giorno dopo di nuovo scugnizzo gentile, mai fermo, un sorriso per tutto e per tutti e chiacchierone come forse solo io come te in famiglia. Era domenica, stavamo ancora in campagna dopo il bel matrimonio e tu volevi che il nostro primo nipotino in arrivo si chiamasse come te, Stefano, e fosse bello come te, lo zio, così dicevi. Ti ho lasciato che giocavi a pallone con i cugini e poi? Poi il nulla. Il vuoto. Il baratro. Non ti ho visto mai più se non nei miei sogni. Eri il mio fratellino piccolo, io la prima, tu l’ultimo di noi 5 fratelli. Hai dormito con me dalla nascita si può dire, perché ero lì in clinica anche quando sei nato e non ci siamo staccati mai più …fino a quel maledetto coltello che ti ha strappato con violenza da me e da tutti noi. La mattina giocavi a pallone e la sera, a Casoria, ti hanno tolto la vita mentre facevi un’altra cosa normalissima per un ragazzo di 16 anni: parlare con la tua ragazza. Nella rapina, proprio per difendere la tua ragazza dalle molestie, ti hanno ucciso, ti hanno trafitto il cuore con quel coltello piccolo e micidiale! Avevi un cuore così grande che mi sembra un tragico scherzo che abbiamo mirato proprio lì. Sei morto per generosità, hai vissuto con generosità e ci hai dimostrato che chi vive nel segno dell’amore non muore mai per davvero. Il tuo ricordo, la tua voce, gli aneddoti infiniti degli amici e dei familiari che hai aiutato, allietato, amato, fatto ridere con il tuo innato senso dell’umorismo sono ancora qui. E ancora ti chiediamo aiuto e consiglio cercandoti nell’universo, perché avevi 16 anni e già sapevi che la cosa giusta era prodigarsi senza clamore, senza creare panico, come dicevi tu, per creare armonia e pace tra le persone , che fosse la tua compagna di banco speciale e la diffidenza del resto della classe rispetto agli handicap oppure di un litigio tra fratelli, che fosse per lenire la solitudine di qualcuno che non aveva famiglia e con cui andavi a mangiare un panino per non lasciarlo solo o una uscita offerta agli amici con la tua paga dei lavoretti estivi per cancellare la differenza tra chi tra quegli amici poteva permettersi una pizza in più e chi no. Eri vita allo stato puro, e forse quei 4 ragazzi neanche lo hanno capito che da quella sera tutto sarebbe finito: da quella sera loro sarebbero stati per sempre assassini, tu saresti stato per sempre un Angelo. Grazie per esserci ancora”

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