Serena, dopotutto (racconto di Emilia Sensale)

‘RACCONTartI’ di Emilia Sensale. Opera di Gianni Puca dal titolo ‘Ragazza che stende i problemi ad asciugare al sole’, Napoli. 

La sensazione della sabbia tra le dita dei piedi era quella che amava in assoluto, ben più dell’emozione che aveva provato quando l’amore della sua vita l’aveva baciata per la prima volta dopo aver desiderato per tanto tempo che accadesse. Una era oramai un ricordo, l’altra un’opportunità che si concedeva appena poteva, sempre allo stesso lido. E guardando un bambino intento a costruire un castello di sabbia in riva al mare, Serena pensò che i problemi erano come quei granelli di sabbia, che si accumulano uno sull’altro. Proprio come un debito… ma quella era un’altra storia, oramai passata. Si era affidata a un bravo avvocato ed era riuscita ad affrontare l’iter al meglio, arrivando a coprire tutte le spese. Fu l’avvocato a dirle che i problemi spesso offrono nuove opportunità di gioia, proprio come i granelli di sabbia che si accumulano formano una torre di un castello in riva al mare.

Aveva preparato la frittata di maccheroni la sera prima. Il tempo di un bagno, di mangiare e di concedersi una passeggiata verso gli scogli ed era giunto il momento di tornare a casa. Quel giorno aveva turno dal pomeriggio in poi, era meglio sbrigarsi.

Serena era appena uscita dalla doccia ed era ancora in accappatoio quando suonarono alla porta.

“Papà, di nuovo”. Era sempre di poche parole la sorella, una donna robusta coi capelli perennemente raccolti. Non serviva dire altro tra di loro, dopotutto. La situazione era quella e non sarebbe cambiata, col suo ritmo inesorabilmente veloce e le inevitabili ricadute.

“Mi metto un vestito e vengo” sospirò Serena. La casa era alla fine della strada e in piena estate non era poi una grande pazzia camminare coi capelli bagnati.

I quattro nipoti andarono incontro a zia Serena, interrompendo la partita di pallone all’ombra degli alberi del grande viale. La sorella si lamentava sempre di non essere riuscita a partorire una femmina, perfino quando venne a trovare Serena in ospedale che aveva subito un’operazione e i medici le avevano detto che probabilmente non avrebbe potuto avere più figli. I bambini facevano chiasso in corsia, ma mentre la sorella sbuffava a Serena veniva da sorridere pensando che non ci fosse nulla di più bello della gioia di vivere dei piccoli, che fosse giusta la loro allegria in ogni situazione e che fosse brutto crescere perdendo quella meravigliosa incoscienza.

“È il caldo, fa davvero troppo caldo” mormorò Serena alla sorella dopo essersi avvicinata al padre che urlava parole senza senso. Si era calmato vedendola, pur non avendola riconosciuta. Più del caldo, era l’inesorabilità della malattia.

Al supermercato c’era più gente di quanto immaginasse. Capitavano spesso clienti maleducati, ma le era capitato di fare begli incontri nei vari reparti. Stava sistemando dei detersivi quando notò una ragazzina che la guardava con insistenza.

“Posso aiutarti?” le chiese Serena, capendo che probabilmente voleva chiederle qualcosa ma era timida. La ragazza, capelli ricci castano raccolti in un grande chignon con un grande fiore giallo, si morse le labbra e le disse che non riusciva a trovare gli assorbenti che cercava. Serena la accompagnò e la aiutò a trovarli tra i grandi scaffali e per gratitudine la ragazza le regalò proprio il fermaglio col fiore e si scambiarono pure i numeri di telefono dopo una breve chiacchierata.

“Quanto sei brava”. La voce rauca le arrivò alle orecchie con quella insopportabile sensazione di fastidio che conosceva bene. La mano sinistra, dove c’era una fede che luccicava sotto le luci del supermercato, la avvinghiò sul fianco.

“Le telecamere, i clienti” si lamentò Serena, sperando che il viscido caporeparto si allontanasse. Le sussurrò dei complimenti  all’orecchio e il suo alito pesante le entrò profondamente nel naso. Serena aveva voglia di piangere ogni volta che lui tentava un approccio. Stava male lì da quando lui l’aveva molestata nel bagno riservato ai clienti, ma non era riuscita a trovare altro e aveva bisogno di quel lavoro. Lamentarsi con le colleghe era inutile, anzi. Le dicevano che non valeva la pena fare la preziosa, che al posto suo loro avrebbero approfittato della situazione, che non ci si poteva lamentare. Nei loro occhi Serena vedeva un certo astio, quasi una forma di invidia. Solo una ragazza le aveva sempre dimostrato vicinanza, invitandola a parlare con una sua amica che operava in un’associazione in difesa delle donne, ma la paura di ritorsioni aveva sempre preso il sopravvento.

Tornò a casa passando prima dalla sorella per vedere il padre, attivò la lavatrice, cucinò e mangiò e dopo aver visto un po’ di televisione andò a dormire. Si svegliò all’alba, un po’ agitata. Sul comodino aveva appoggiato il fermaglio a forma di fiore, sorrise guardandolo, contenta che nel mondo ci fossero ancora persone gentili. Decise di alzarsi dal letto, di fare colazione e andare a stendere i panni sul terrazzo. I lunghi capelli biondi le cadevano sulle spalle, ma c’era un bel vento ed era piacevole tenerli così.

Le lenzuola erano stese al sole, i pensieri più cupi anche, avidi di una luce che potesse illuminarli e poi scioglierli. Si sedette su una sedia di legno, appoggiò i gomiti sulle ginocchia e tenendo la testa tra le mani guardava le lenzuola muoversi al vento. Sospirò e sorrise, convinta dei suoi valori e del coraggio che avrebbe dimostrato per difenderli, consapevole della sua grande forza grazie alla quale avrebbe affrontato le preoccupazioni e i problemi di tutti i giorni. Serena, dopotutto.

Emilia Sensale 

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