Le pensioni e la campagna-acquisti del Presidente

Roma- Montecitorio. Nonostante la chiusura settimanale della Camera, nei corridoi di Montecitorio si respira un’aria pesante, quasi cospirativa. È la campagna acquisti del Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che sta dando grandi frutti. Gli ultimi, due acquisti dall’IDV, marcati stretti dall’ex API Bruno Cesareo, che ormai sta ricreando i “Cesaroni” in Parlamento. Ma oltre ad atti di responsabilità governativa, cosa possiamo vedere, anche un po’ maliziosamente, dietro tutto questo?

Si chiama “Generale Pensione”, e può essere l'”arma segreta” tanto per Silvio Berlusconi in vista della fiducia del 14 dicembre quanto per gli altri deputati che in un modo o nell’altro cercano di “sbarcare il lunario” arrivando alla fine della XVI legislatura.

Se si andasse al voto anticipato, un pò meno della meta’ dei deputati e dei senatori in carica al loro primo mandato parlamentare non avrebbero diritto a maturare l’agognato vitalizio di minimo 2.400 euro al mese netti una volta compiuti i 65 anni.

La stangata è stata determinata dalla riforma varata nella scorsa legislatura da Fausto Bertinotti e da Franco Marini per contenere le spese di Montecitorio e di Palazzo Madama. I poveri onorevoli possono godere del “vitalizio” (come viene chiamata tecnicamente la pensione dei deputati e dei senatori)  solo dopo cinque anni di mandato: e cioe’ non scatta se la legislatura (la cui durata prevista dalla Costituzione è, appunto, di cinque anni) finisce in anticipo.

Un tempo, per maturare il diritto alla pensione bastava essere stati deputati anche per un solo giorno. In Parlamento ricordano ancora (soprattutto gli uffici Competenze per i Parlamentari, quelli che pagano stipendi e vitalizi) le dimissioni a raffica, ad ogni approssimarsi di fine legislatura, dei Radicali per assicurarsi nelle proprie file più pensionati possibile. Fino all’ultima riforma (era il 2008), bastavano due anni e mezzo di mandato per maturare il diritto a versare la parte restante di contributi fino alla fine della legislatura così da vantare, a 65 anni, il diritto alla pensione del Palazzo. Per chi ha fatto piu’ di una legislatura, peraltro, il vitalizio è più cospicuo e scatta a 60 anni.

Secondo le statistiche pubblicate sui siti di Camera e Senato, sono 270 i deputati e 105 i senatori al loro primo mandato. Per loro, in caso di scioglimento anticipato delle Camere, non ci sarebbe speranza. Sommando i deputati alla seconda legislatura (eletti per la prima volta nella XV e riconfermati in quella attuale) che non hanno ancora maturato i cinque anni (scatterebbero il 28 aprile 2011), si arriva a 394 deputati e 172 senatori: in tutto 566 su 951 membri del Parlamento, compresi i sei senatori a vita. Su questo “pattuglione” grava una spada di Damocle: se la legge elettorale non cambierà, a decidere le candidature saranno le segreterie dei partiti, con la conseguente mancanza di garanzia di una ricandidatura.

Numeri e fatti che fanno pensare a “soccorsi” insperati al momento del voto da parte di centinaia di “aspiranti pensionati”, disposti a sacrificare partiti ed ideologie sull’altare di un aiutino, peraltro neanche tanto piccolo, che consenta di affrontare serenamente gli anni della vecchiaia.

 

Serena Percuoco

(inviata alla Camera dei Deputati).

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