I parchi verdi, la città e il bene comune

“Abbiamo cominciato a soffrire del desiderio di gigantismo. Credevamo  che fare grandi cose fosse un bene. E’ una malattia. Dobbiamo pensare a piccoli progetti, a piccole cose.” (Jawaharlal Nehru) 

Come dicevamo nelle puntate precedenti il Piano di Azione Locale (PAL) definito nel Programma Europeo UrbAct fa riferimento alle Aree Target, individuate all’epoca da ogni città già in istanza di candidatura per l’ottenimento dei finanziamenti e concentra su queste zone marginali una progettazione di azioni immateriali per la partecipazione sociale. A Casoria erano state scelte le due ex-basi militari aeronautiche di Via Michelangelo e di Via Boccaccio, con l’obiettivo fondamentale di realizzare due nuovi parchi pubblici attraverso strategie di coinvolgimento degli abitanti nei processi decisionali di gestione e di trasformazione.

Agli inizi del 2016 sono stati organizzati 4 Focus Group, strutturati in vari momenti di discussione aperta, dove cittadini e associazioni sono stati invitati a partecipare attivamente al Programma UrbAct III. I temi trattati nei diversi incontri di ogni gruppo sono stati: (1) i parchi nella città – attrezzature/accessibilità/infrastrutture; (2) i parchi come bene comune; (3) la costruzione degli scenari nei parchi; (4) planning for real. In queste occasioni i cittadini hanno potuto esprimere le loro idee e proposte per la riqualificazione e il riutilizzo delle due aree di progetto. Grazie anche al lavoro svolto da tutti gli stakeholders coinvolti a maggio 2016 la Commissione Europea di Monitoraggio di UrbAct ha approvato 20 Action Planning Networks che hanno continuato le loro attività passando alla seconda fase del programma europeo, tra cui anche quello che vedeva coinvolta Casoria.

Il lavoro socio-tecnico sulle due Aree Target e la partecipazione delle comunità di riferimento ha permesso di giustificare i primi interventi per manutenzione e prima ristrutturazione del Parco Ex-Aeronautica di Via Michelangelo, effettuati nelle more del bilancio comunale e fuori dai crismi del finanziamento del programma europeo, che vogliamo sottolineare ancora, si occupava (e finanziava) solo azioni immateriali legate alla partecipazione civica delle parti sociali. Forse nella riconfigurazione della ex-base militare a parco pubblico con finalità di aggregatore sociale si sarebbe potuto fare molto di più con meno, evitando di cementare i nuovi vialetti e non consumando ulteriore suolo, portando la corrente elettrica e sistemando un tetto, ma questa è un’altra storia.

L’area in Via Michelangelo, che ospitava una base radio dell’aeronautica, si è meglio prestata per le sue caratteristiche strutturali alle finalità del Programma UrbAct e ha visto crearsi e crescere al suo interno una comunità, grazie alle varie iniziative di promozione realizzate anche grazie al coinvolgimento delle scuole e ai momenti di dibattito attivo dei Focus Group, durante i quali i cittadini e le associazioni sono state invitate a confrontarsi e a esprimere proposte sugli scenari di utilizzo del parco in divenire. All’interno del parco, come riportato anche nel Piano di Azione Locale (PAL), documento per altro pervenuto alla Commissione UrbAct, doveva essere sperimentato il processo di co-gestione di cui per mesi si è dibattuto nei Focus Group e che sarebbe dovuto essere approvato dal Consiglio Comunale per tutti i luoghi di proprietà pubblica non utilizzati presenti in città con la delibera di un Regolamento sugli Usi Civici dei Beni Comuni.

La bozza del Regolamento che è stata prodotta durante gli incontri ufficiali e partecipati dalla cittadinanza e anche questa inviata alla Commissione Europea del Programma UrbAct è fondata sull’idea di “tripartire” lo spazio: concedendo parte dell’area alle associazioni no-profit; lasciando la maggior parte del parco aperta e sempre accessibile, propriamente pubblica; individuando una parte che potrebbe essere concessa, con procedure trasparenti e concertate, per la produzione e lo sviluppo dell’occupazione. È stato subito chiaro quanto ribadito dalla Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società, ‘Convenzione di Faro’ del 2005, sottoscritta dall’Italia nel 2013, che rivendica la conoscenza e l’uso del patrimonio come diritto di partecipazione dei cittadini alla vita culturale e ribadisce il valore del patrimonio culturale sia come fonte utile allo sviluppo umano, alla valorizzazione delle diversità culturali e alla promozione del dialogo interculturale, sia come modello di sviluppo economico fondato sul principio di utilizzo sostenibile delle risorse. Ma aspettiamo ancora che il processo progettato e ufficializzato dalla partecipazione al programma europeo venga varato dall’Autorità Locale per vederne realizzati gli effetti.

Diverso il destino e la storia dell’area ex-deposito di idrocarburi di via Boccaccio. Prossima alla stazione FS di Casoria-Afragola, la sua posizione logistica ne rendeva strategico l’approvvigionamento di carburante grazie ad un sistema di rotaie che dalla ferrovia entrava fin dentro la ex-base militare. L’area nel dopoguerra ha visto la realizzazione ad opera dell’Aeronautica militare di due serbatoi semi-interrati per lo stoccaggio di carburante collegati da un condotto sotterraneo al vicino aeroporto di Capodichino e che conformano ad oggi, ormai ricoperte dalla vegetazione, le due colline artificiali caratteristiche del luogo. Connesso alle due mega-cisterne in calcestruzzo armato un impianto di pompaggio del quale permane ancora qualche traccia visibile fuori terra oltre alle tubazioni interrate e una parte destinata a caserma per il personale militare presente all’epoca in qualche modo ceduta ad un privato, che mai è riuscito a produrne trasformazioni e che ad oggi resta attigua ma separata dall’area in questione.

L’area, inclusa nel progetto del “Parco delle Arti”, era stata già nel 2013 oggetto del Programma Più Europa “Casoria Città per le nuove generazioni” (POR-FESR 2007-2013) ed è finita poi nell’inchiesta “The Queen”, che ha svelato un sistema di tangenti e appalti truccati nell’intera Campania alla quale abbiamo già fatto riferimento nei precedenti articoli. In reazione all’inchiesta un gruppo di attivisti ha riaperto e ripulito il sito, organizzando attività sociali e ricreative destinate agli abitanti e al quartiere e dando vita all’esperienza informale denominata “Terranostra” e che ad oggi rappresenta uno dei pochi luoghi di socializzazione non legati ad attività commerciali disponibili nella nostra periferia.

Purtroppo però l’informalità della gestione e la mancanza di un’autorizzazione non ha permesso durante il Programma UrbAct la possibilità di intervenire direttamente, né ad oggi permette al Comune l’allaccio delle utenze per l’elettricità e l’acqua potabile, senza contare la seria necessità di un piano di caratterizzazione ambientale che consenta l’individuazione di eventuali matrici inquinanti connesse con gli usi pregressi del sito e una corretta messa in sicurezza o eventuale bonifica, anche se nel tentativo di PUC 2015 l’area viene segnalata tra quelle inquinate presenti sul territorio comunale. Per la mancanza di informazioni certe in merito agli usi pregressi coperti da segreto militare, si rimanda a future necessarie indagini formali delle quali restiamo in attesa, nonostante la zona sia aperta e autogestita dagli e dalle occupanti e ospiti diversi eventi e momenti ludici e pubblici, senza nessuna garanzia sulla sicurezza e la salubrità, ma la cui partecipazione agli stessi rappresenta un atto di denuncia più o meno consapevole sia in merito alla carenza degli spazi di aggregazione che per lo stato ambientale del territorio tutto.

Ad oggi il Piano di Azione Locale definito con UrbAct diventa la parte operativa del Preliminare di Piano Urbanistico Comunale (PUC) attualmente in elaborazione verso l’ennesimo tentativo di approvazione definitiva, superato il quale andrà chiarito un programma di spesa pubblica, ma nell’attesa che la Città di Casoria abbia un piano generale di governo del territorio sono stati presentati altri progetti per il reclutamento di fondi europei destinati allo sviluppo urbano. Il futuro di entrambe le Aree Target ancora una volta è demandato ad un programma europeo denominato Programma Integrato Città Sostenibile (PICS) ma nulla impedisce che questi fondi, come già successo in passato per il Più Europa, vadano in gran parte persi e invece che realizzare delle infrastrutture verdi finiscano per strade e marciapiedi e qualche piazzetta, delle quali anche c’è bisogno ma che hanno certamente altri impatti sulla qualità dell’abitare del nostro hinterland.

[di FIAB Casoria – Associazione I’Mobility]

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