Gli occhi di Omran ci guardano

L’estate raccoglie la morte sulle strade di Aleppo. Tra macerie di case e di palazzi sventrati, tra pantani di sangue e urla di disperati, il viso smarrito di un bambino coperto di polvere, i suoi nerissimi occhi spauriti scuotono in queste ore la coscienza del mondo, come se solo ora si rendesse conto degli effetti disastrosi di una guerra.

Quarantotto ore di tregua sono state concesse per consentire i necessari interventi umanitari a favore della popolazione civile. Lo sguardo stupefatto e sgomento di Omran, mentre con la manina insanguinata cerca di liberare gli occhi dalla polvere che vi si è appiccicata, ha commosso tutti, come sempre accade quando d’improvviso ci si accorge che il male peggiore e intollerabile delle guerre è la contaminazione dell’innocenza dei bambini, poiché deturpano i loro sogni, recidono le loro speranze, distruggono il loro futuro.

Trascorse, però, le 48 ore di tregua , si tornerà di nuovo a lanciare bombe e a distruggere case, palazzi, strade, trasformando luoghi di vita, di  incontri, di affetti condivisi e di sorrisi in spazi di morte, di terrore, di disperazione e di pianti. E noi?  Noi che ci siamo commossi così  tanto la finiremo di lanciarci addosso ordigni di incomprensioni, di maldicenze e di rivalità che feriscono  il cuore dei piccoli che ci vivono accanto? Per carità, non dimentichiamo lo sguardo di Omran! Gridiamoci che per lui, per il suo futuro e di quello di tutti i bambini va recuperato il senso del bello, della bontà, della verità, dell’infinito che è dentro ciascuno di noi, ma seppellita sotto  cumuli di cattiveria, non poche volte gratuita. Ciascuno esorti l’altro a far risplendere negli occhi la purezza del cielo da cui proveniamo. Sì, perché noi giungiamo dall’Alto e viviamo per elevarci e ritornare verso l’Alto.

 

Antonio Botta

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