Che cosa significa essere un giurato?

Domenica mattina. Il silenzio di un piccolo comune dei Monti Picentini viene rotto dalle voci di alcuni giovani ragazzi e dal rumore dei loro trolley che strisciano sull’asfalto. Ad un certo punto si fermano davanti ai gradoni di una struttura che tutti qui chiamano “Cittadella” e ritorna il silenzio, questa volta più assordante che mai. Uno di loro guarda gli altri e scandisce poche parole: “Oggi è così vuoto, così strano…”. Domenica mattina, domenica 23 luglio 2017. Sono passate poche ore da un sabato sera dominato da occhi umidi, abbracci e dediche; la più che logica conseguenza ai titoli di coda che la premiazione dei film vincitori ha fatto calare sull’edizione numero 47 del Giffoni Film Festival. Tra i ragazzi di quella domenica mattina c’ero anch’io, condividendo i passi e le emozioni con alcuni “colleghi” di giuria, alcuni di loro perfetti sconosciuti fino alla vigilia del Festival. Ho avuto il privilegio di far parte per la terza volta della giuria del Festival per ragazzi più importante al mondo e nonostante qualche annetto di esperienza ancora non riesco a trovare le parole per descrivere il miracolo messo in piedi da Claudio Gubitosi nel lontano 1971. Intendiamoci: anche se parliamo di qualcosa di straordinario, il miracolo non è stato quello di aver portato in una cittadina del salernitano un festival di caratura internazionale e attori di fama mondiale. Il miracolo del festival di Giffoni è tutto da leggere sotto il punto di vista umano, un’esperienza che arricchisce giovani da tutto il mondo, li fa sentire speciali perché li catapulta in una cornice ancor più speciale, quella di un mondo ideale. I giovani, relegati in una triste realtà di decisioni subite, a Giffoni tornano al centro del progetto. Il vero miracolo è questo, senza togliere nulla alla straordinaria internazionalità di un festival che anche per questa edizione si è dimostrato all’altezza delle aspettative. Noi giurati, a rotazione, abbiamo avuto il grande onore di incontrare artisti di spessore quali Bryan Cranston, Amy Adams, Kit Harrington e, soprattutto, Julianne Moore, vincitrice del Premio Oscar 2015 per l’interpretazione di Alice nel film “Still Alice”. Non sono mancati i “talent” nazionali, dalla pluripremiata Margherita Buy agli incontenibili Claudio Amendola e Marco Giallini. Le serate sono state arricchite dagli eventi del “Giffoni Street Fest”: musica, laboratori, colori. Ma i grandi protagonisti di un festival del cinema non potevano che essere i film, divisi in 6 categorie in base all’età dei giurati. Io, complice la carta d’identità che da qualche annetto mi ha iscritto al mondo degli adulti, ho fatto parte della giuria dei “Generator +18”, meglio conosciuti come quelli che avevano la proiezione del film in concorso ogni mattina alle 10. Un’esperienza mistica, ma superata a pieni voti. Come quelli che abbiamo inserito nell’urna per votare: anche quest’anno, come nelle edizioni passate, non ha vinto nessuno dei lungometraggi/cortometraggi votati da me. Qualora dovessi tornare a sedermi tra i banchi della giuria, sono sicuro che i registi mi pagheranno profumatamente per non farsi votare. E così i 10 giorni del Festival sono volati via, accompagnati fino a sabato 22 dalla dolce melodia composta da Shostakovic, il Waltz n2. Domenica mattina in quel silenzio assordante dei Picentini, in lontananza, mi sembrava che la melodia del maestro fosse ancora lì a risuonare per noi. Fisicamente non era così, nessuna cassa suonava. Ma la scienza e la fisica non sono le uniche cose al centro del mondo, non c’è una spiegazione logica e razionale a tutto. La melodia di Shostakovic quindi risuonava sul serio, perché ad ascoltarla era il cuore di chi ha vissuto per l’ennesima volta delle emozioni indescrivili.

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