Convegno di Materdomini: una pastorale per il riscatto dei nostri territori

Nel convegno di Materdomini, svoltosi dal 20 al 22 Giugno scorsi, il Cardinale Crescenzio Sepe, a tutti i preti della Diocesi che vi hanno partecipato, ha ribadito che l’anno giubilare, giunto a metà percorso, si colloca nella prospettiva di realizzare una pastorale sempre più “incarnata nella vita dei territori, attenta alle vicende quotidiane della gente, prossima alla sofferenza della gente”.

D’altronde, il nostro Arcivescovo, da quando è stato posto dal Signore alla guida della Chiesa di Napoli, ha continuamente sollecitato i cristiani a destarsi dal sonno della passività al male, a non lasciarsi abbattere dal torpore della rassegnazione e del fatalismo, per un riscatto etico, spirituale, sociale, politico ed economico dei nostri territori, sempre più deturpati dal degrado ambientale, devastati dalla violenza comune e camorristica, afflitti dai cronici problemi della miseria morale e materiale.

 

Esplicito, al riguardo, mons. Gennaro Matino, moderatore di Curia, nella cui relazione ha sottolineato “che c’è  una stretta correlazione tra celebrare i sacramenti e annunciare la giustizia e che “una qualsiasi pastorale che guardi solo all’interno del tempio e non alla molteplicità dei richiami dal suo esterno, NON è realmente capace di formare cristiani che siano all’altezza del tempo, pronti a dare ragione della speranza che è in loro”. Per questo, Sepe, con ferma e paterna insistenza, in tantissime occasioni, ha posto all’attenzione dei parroci, dei diaconi, degli ordini religiosi e dei laici i problemi che assillano i cittadini di Napoli e dell’hinterland: la questione ecologica, la crisi economica e sociale, la mancanza di lavoro, la delinquenza comune e la criminalità organizzata; tutto ciò aggravato da una colpevole disaffezione verso il bene comune. Da qui l’urgenza di questo Giubileo, che, avendo come linea guida le opere di misericordia corporale, mira ad un profondo riscatto sociale attraverso la realizzazione di progetti concreti ed efficaci, posti in essere dalle forze sane della Città (imprenditori, professori, avvocati, architetti, medici…) a favore delle fasce più deboli, nella quali in particolar modo si scorge il volto di Cristo: disabili, precari, disoccupati, anziani…

Nel convegno di Materdomini  è stata effettuata una verifica di quanto svolto nei primi sei mesi dell’anno giubilare, ponendo in rilievo luci ed ombre del percorso finora compiuto. Sulla base dei rilievi evidenziati nei vari interventi e delle proposte avanzate dai decani (emerse nei consigli pastorali decanali)  per rendere sempre più efficace e ricco di “grazie” l’anno giubilare in corso, è stato illustrato il cammino da percorrere da Settembre a Dicembre. II mese settembrino (“Alloggiare i pellegrini”) è dedicato al dialogo con le differenze, all’accoglienza, all’interculturalità, all’integrazione e si svilupperà il tema della “diversità come ricchezza e risorsa di crescita sociale”; Ottobre (“Ero prigioniero”) è il mese dedicato ai carcerati e, quindi, al reinserimento nella società,  indicando un “giusto percorso di rinascita e di rieducazione”; a  Novembre (“Seppellire i morti”), si focalizzerà l’attenzione sulla “difesa della sacralità della sofferenza, del dolore e della morte”, indicando anche un percorso per una liberazione della sepoltura da inquinamenti delinquenziali; al riguardo, sarà anche affrontato il grave problema degli elevati costi che si è costretti a sostenere per le esequie dei …”cari” estinti. Dicembre è il “Mese della pace”: il giorno 8, dedicato all’Immacolata, il Cardinale terrà un discorso alla Città; il 16 Dicembre ci sarà la “Notte bianca del Giubileo”: in tutte le chiese si prega, in tutte le piazze si vive, in tutta la Città si accendono le luci del Giubileo; il 17 Dicembre sarà organizzato un “Pellegrinaggio giubilare” e la sera sarà celebrata la conclusione dell’Evento. Ma, come ha precisato Sepe, terminerà il Giubileo ufficiale; quello delle coscienze continuerà: ogni cristiano sarà chiamato a rendere vivo e presente Gesù nei propri contesti familiari, parrocchiali, urbani, per liberare la fede dalle incrostazioni accumulatesi negli anni, impedendole di mostrare la forza rivoluzionaria capace di animare le famiglie, i quartieri, le città con l’amore evangelico, quell’amore che ti spinge a dire: “E’ vero, nel mondo c’è tanto male! Ma non hanno senso lo sconforto, il disimpegno e il rifugio nel privato. Proprio davanti a un mondo così sconvolto, il Signore della Storia  mi sollecita a sporcarmi le mani e mi spinge a chiedermi:“COSA POSSO FARE “IO” PER RENDERLO MIGLIORE?

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