CASORIA, EUROPA E SVILUPPO SOSTENIBILE 

[di FIAB Casoria – Associazione I’Mobility]

Come dicevamo nelle puntate precedenti la legge 17 agosto 1942, n. 1150 è la prima vera legge italiana in tema di urbanistica. Emanata durante il ventennio fascista, è tuttora in vigore e riordinò la materia relativa agli strumenti di piano, affidando la principale responsabilità ai Comuni, anche se fu previsto un sistema gerarchico che avrebbe dovuto garantire un completo e capillare controllo del territorio.

In nome di misure urgenti per l’igiene e la sanità pubblica nella storia dell’urbanistica si sono compiute grandi trasformazioni urbane, come i boulevard di Parigi del 1853 o il rione Carità a Napoli “rivoluzionato” – portando aria e luce per combattere l’insorgenza di infezioni – tra gli anni trenta e cinquanta del XX secolo secondo i piani di rinascita edilizia del regime fascista e della giunta Lauro. Gli architetti, i professionisti e i tecnici che operano “nonostante il regime” riescono ad agire pratiche di innovazione sociale a partire da considerazioni scientifiche, oggi diremmo – meglio se tratte da ricerche indipendenti – ma strutturali per i cardini del mondo che verrà.

Ad una scala più ampia ricordiamo le produzioni legate all’organizzazione del territorio come gli studi per le Grandi Città, originati dall’ossessione fascista di imitazione del Grande Impero Romano, che solo dopo molti anni ritorneranno nella definizione delle odierne Città Metropolitane. Quei tentativi di “gestione integrata delle infrastrutture” di un’intera nazione, figli di una visione politica imperiale, identitaria e protezionista, sono stati spazzati via dalla sottoscrizione di un Piano Marshall che ha “imposto” all’Italia del dopoguerra, ma non solo, una ricostruzione e una ristrutturazione prima di tutto sociale ed economica a discapito della consolidata produzione agro-industriale ed in favore dell’allora nascente “sviluppo” dell’industria petrol-chimica. Oltre ad imporre sul nostro territorio presidi militari in perfetto stile americano (vogliamo solo ricordare che l’Area 51, la famosa base americana per esperimenti militari nel deserto del Nevada è più grande della Sicilia), il Piano Marshall, ufficialmente chiamato Piano per la Ripresa Europea (“European Recovery Program”) ad oggi resta l’ultimo “piano di coesione generale” non essendo mai stato lo Stato in grado di produrre un ragionamento di indirizzo omnicomprensivo della complessità del territorio in amministrazione, ma sopperendo, tra conflitti, concorrenze e crisi delle varie autonomie locali, sempre e ogni volta con provvedimenti parziali e “piani tampone”, uno su tutti l’esempio della Cassa del Mezzogiorno, per non parlare degli odierni tentativi di gestione dell’ennesima crisi in corso.

Nello “Stato di crisi” definito da Bauman in uno dei suoi ultimi scritti, viene spiegata bene l’impossibilità delle istituzioni democratiche di gestire le derive di un sistema economico alle quali sono subalterne, anche solo per dimensioni, per non dire capacità.

Ma quindi oggi nell’Europa della Brexit chi indirizza lo “sviluppo” e dove lo giuda?

Vogliamo fare un passo indietro per recuperare informazioni e intuizioni dalla memoria sopita delle ricerche scientifiche che, come anche nell’ultima crisi socio-sanitaria attuale, ci avevano avvisato con larghi anticipi.

“Il Rapporto sui limiti dello sviluppo” (The Limits to Growth), commissionato nel 1972 al MIT dal Club di Roma, chiarisce che “in un mondo dalle dimensioni finite non è possibile una crescita infinita”, anticipando il Rapporto Brundtland «Our common future» (Il futuro di tutti noi) pubblicato nel 1987 dalla Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo (WCED) in cui, per la prima volta, venne introdotto il concetto di sviluppo sostenibile.

«Lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri». (WCED,1987)

In questa necessità di gestione delle risorse (per un futuro possibile e nel tentativo di riportare lo “sviluppo entro i limiti” della capacità di sopportazione dell’ecosistema in un mondo ormai nella deriva dell’Antropocene) si muovono le politiche europee che indirizzano gli stati membri e a scalare, le amministrazioni locali, verso pratiche definite dai vari programmi di finanziamento che dovrebbero “attivare azioni reali” sui territori.

“Fino a quando il pregiudizio, la segretezza, la cattiva rappresentazione dei bisogni o la semplice ignoranza non saranno stati sostituiti da un atteggiamento serio di indagine e di vera apertura del processo di costruzione delle decisioni, non potremo renderci conto di quanto l’intelligenza della gente comune possa essere adatta a risolvere i problemi posti dalle politiche pubbliche”. (John Dewey, The Public and Its Problems, 1964)

 

La citazione, tratta dalle documentazioni ufficiali del Programma UrbAct III, è stata il leitmotiv del processo partecipativo e delle azioni di animazione territoriale finanziate dall’Europa a Casoria. Nell’anno 2015 la città di Casoria si è candidata ad UrbAct a valle dei processi decisionali che hanno riguardato la progettazione del PUC (Piano Urbanistico Comunale). UrbAct è uno dei principali Programmi Europei di cooperazione territoriale che aiuta le città a sviluppare soluzioni nuove e sostenibili, che integrano temi economici, sociali e ambientali, coinvolgendo tutti gli attori delle politiche di sviluppo urbano.

 

La partecipazione di Casoria ad UrbAct III aveva lo scopo di consentire all’Ente locale di “imparare” dalle amministrazioni europee più virtuose in materia di pianificazione e sostenibilità ambientale e di elaborare un Piano di Azione Locale (PAL) che definisse una visione strategica individuando una serie di obiettivi e azioni da realizzare in riferimento alle “Aree Target”, individuate da ogni città già in istanza di candidatura. Le “Aree Target” scelte dal Comune di Casoria erano tra i beni statali attribuiti a titolo non oneroso all’autonomia locale grazie alla legge del 9 agosto 2013 n. 98. Su di esse si sono concentrate le attività progettuali di UrbAct attraverso strategie di progettazione partecipata che coinvolgessero i cittadini nei processi decisionali di trasformazione: l’Area Ex-Aeronautica di Via Michelangelo e l’Area Ex-Aeronautica di Via Boccaccio.

 

La finalità delle “azioni di progettazione partecipata e comunicativa” hanno teso alla valorizzazione dei beni comuni della città di Casoria, in particolare delle due aree all’epoca ufficialmente inutilizzate (gli e le occupanti di Terranostra erano già da qualche anno dentro l’ex-deposito strategico di idrocarburi di via Boccaccio) e sulle quali l’amministrazione prevedeva di realizzare due parchi pubblici. L’obiettivo, secondo i dettami del Programma Europeo, è stato quello di coinvolgere i cittadini, le associazioni e tutti gli altri soggetti portatori di interesse nelle fasi decisionali, di ideazione e di gestione dei beni comuni attraverso lo strumento della progettazione partecipata. Un modo di fare progettazione non solo “per” le persone, ma “con” le persone. Non sono solo i tecnici, gli esperti e gli amministratori a prendere le decisioni, ma queste vengono prese in maniera inclusiva, collaborando con chi di solito non è ascoltato e coinvolto. Gli abitanti non sono più soggetti passivi, ma decisamente attivi con la loro conoscenza del luogo, dei suoi problemi e delle caratteristiche che vorrebbero assumere nel tempo.

 

La finalità generale del laboratorio di co-progettazione ideato è stata quella di coinvolgere i cittadini nella partecipazione diretta, responsabile, nella cura di aree pubbliche dismesse che, nella progettazione urbanistica dell’amministrazione comunale, sarebbero diventati dei parchi verdi attrezzati per la collettività in quella che sarebbe dovuta essere un’amministrazione condivisa dei beni urbani pubblici. L’obiettivo specifico, che ha portato a tale finalità da realizzare a medio-lungo termine, è stato quello del coinvolgimento attivo ed inclusivo di un gruppo di cittadini, che avrebbe dovuto fungere da “gate-keeper” – da custode – dei parchi, e che avrebbe dovuto essere “accompagnato dall’istituzione” nella progettazione partecipata degli spazi e delle attività future.

 

Il gruppo aderente a tali incontri, è un gruppo formato ad essere esso stesso Gruppo di Azione Locale (GAL), ovvero promotore di percorsi di animazione territoriale che possano nel tempo strutturare un laboratorio permanente di partecipazione per la realizzazione di una cura e di una gestione co-responsabile dei parchi come beni comuni. All’interno delle iniziative svolte, il laboratorio del Comune di Casoria Sbs-Lab, afferente ad UrbAct, insieme con l’Associazione I’Mobility – FIAB Casoria, organizzava tra le varie iniziative svolte, una pedalata cittadina alla riscoperta dei luoghi oggetto del programma, da un punto di vista completamente diverso, quello della bicicletta, introducendo il tema dell’accessibilità nelle proposte del Piano di Azione Locale (PAL). Dopo quasi di tre anni di percorso UrbAct, step-by-step, è stato redatto a seguito di diversi altri incontri, il PAL, presentato alla cittadinanza nell’evento conclusivo tenutosi ad aprile 2018 nella biblioteca comunale. Al Piano, che parte da interventi fattibili nell’immediato, intendendo promuovere una complessiva trasformazione in chiave eco-sostenibile ed inclusiva, veniva allegata una bozza di Regolamento sull’Uso Civico dei Beni Comuni, discussa durante gli incontri e che sarebbe dovuta essere oggetto di una successiva delibera da parte dell’amministrazione, della quale a tutt’oggi non si hanno notizie certe a parte le confuse istanze di qualche consigliere.

[di FIAB Casoria – Associazione I’Mobility]

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